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Ismail Kadare: ‘L’aquila’, ‘La figlia di Agamennone’, ‘La bambola’, ‘La provocazione’

L’aquila di Ismail Kadare

Il mito dell’Aquila è al centro della ultima lettura dal titolo L’Aquila (Longanesi, 2007) dello scrittore albanese Ismail Kadare.

Tra le leggende che popolano la memoria dei popoli balcanici c’è quella  che racconta il destino dell’uomo che, desideroso di potere, deve cavalcare un’ aquila per poi nutrirla in volo facendosi mangiare il corpo, al punto che, conquistato il cielo, l’ uccello porta sul dorso uno scheletro.

L'aquila

L’aquila

  • Ismail Kadaré
  • Editore: Longanesi
  • Copertina rigida: 93 pagine

Come dire che il potere divora i suoi beneficiati, che chi vuole raggiungere la gloria deve rinunciare a se stesso. Il mito dell’Aquila è al centro della nostra ultima lettura dal titolo, appunto, L’Aquila (Longanesi, 2007) dello scrittore albanese Ismail Kadare (1936).

Al centro della storia c’è Maks, che in una notte come tante in una strada deserta esce di casa per comprare un pacchetto di sigarette, ma poi inciampa e cade nel vuoto, in un precipitare senza fine, fino a ritrovarsi  insieme ad altri “decaduti” in una specie di universo parallelo, dominato da silenzio e reticenza, e dal quale, si sa, non si potrà più fuggire.

Quello tra il  mito e la letteratura è un legame antico e  gli scrittori hanno da sempre fatto ricorso al racconto mitico per rappresentare la realtà e il destino degli uomini. Questo romanzo breve di Kadarè poggia quasi interamente sul mito per raccontare una fetta considerevole della storia dell’Albania, quello della Repubblica Socialista  che va dal regime di Hoxha (1944) fino al 1991, quando, contestualmente alla caduta dei regimi comunisti dell’Europa orientale, venne introdotto il multipartitismo che portò all’elezione di Sali Berisha del Partito Democratico d’Albania.

Il regime comunista albanese ha portato negli anni all’annullamento pressoché totale dei diritti umani, alcuni diritti civili come la libertà di parola, di religione, di stampa e di associazione vennero sensibilmente soppressi per legge nel 1977, per garantire stabilità ed ordine. In questa realtà vive Ismail Kadare, ed in questa realtà fa lo scrittore, almeno fino al 1990, quando ottiene asilo politico in Francia, dove il suo cognome diventerà Kadarè.

Insieme al mito, la storia recente dell’Albania fa da sfondo alla nostra conversazione su L’aquila e Kadarèe ci offre una possibile chiave di lettura della vicenda di Maks, la chiave politica. Il mondo parallelo in cui finisce il nostro protagonista ci appare come una sorta di prigione, fisica e anche esistenziale, di chi è costretto al silenzio e all’asservimento del potere costituito; è l’universo in cui si viene catapultati quando si vive in regime, e se vuoi uscirne, devi salire in groppa ad un’aquila, ma una volta arrivato a destinazione, di te non rimane nient’altro che uno scheletro. Un destino tragico, da cui forse si esce solo con il suicidio, suggerisce un nostro lettore, vedendo nell’epilogo finale una rinuncia alla vita da parte di Maks.

Un libro duro, solo apparentemente lieve, che rimanda non solo ad una dimensione politica, ma anche personale nel descrivere il percorso psicologico della caduta e del dolore, in una gabbia esistenziale fatta di angoscia, dolore, senso di claustrofobia, impossibilità di uscire, tutte sensazioni che Kadarè descrive con uno stile limpido e un linguaggio evocativo, muovendosi in una dimensione onirica e fantastica. La dimensione onirica è quella che porta una nostra lettrice  ad affrontare  il romanzo senza porsi troppe domande, ma solo inseguendo gli stati d’animo di Maks, che, al di là dell’universo in cui si trova catapultato, l’unica cosa che vuole fare è andare via, in tutti i modi, pagando alla fine con la vita, viene da aggiungere.

La presenza di miti, di citazioni e di simboli è ciò che invece infastidisce una nostra lettrice, come se l’autore avesse voluto esagerare, perdendo in questo modo, aggiunge un’altra lettrice, di verità e spontaneità, nel creare invece un romanzo artefatto e troppo costruito, e in questo noioso. Un libro che offre troppo chiavi di lettura, troppe interpretazioni e per questo perde la sua anima, la sua essenza; ma, ribatte un’altra lettrice, il messaggio è chiaro e l’interpretazione è solo una, seppur declinata in più prospettive: la ricerca della libertà, Maks non vuole ubbidire, non vuole inquadrarsi e questo lo conduce alla tragedia finale.

 

Altri libri di Ismail Kadare

 

La figlia di Agamennone di Ismail Kadare

Una storia avvincente e indimenticabile sulla crudeltà del potere e il prezzo che l’individuo è costretto a pagare. Sfilata del primo maggio a Tirana: in una delle tribune delle autorità un invitato, l’anonimo io narrante, ha all’improvviso l’impressione di scorgere, tra gagliardetti e ritratti di alti dirigenti, il volto dell’antico comandante greco Agamennone. Allucinazione? O piuttosto effetto del dolore di un uomo appena abbandonato dalla donna amata, Suzanna, figlia di un alto dirigente di partito destinato a succedere al capo assoluto? La figura mitologica del comandante disposto a sacrificare gli affetti familiari per la ragion di stato è la chiave lettura di una sconvolgente storia d’amore distrutta dalla crudele macchina del potere.

 

La bambola di Ismail Kadare

“La Bambola”, piccola e fragile come cartapesta, è la madre di Ismail Kadare, cui questo romanzo è dedicato. Kadare fa ritorno da lei a Gjirokastër, la sua città natale in Albania, ripercorrendo la sua stessa storia, la sua educazione e le ragioni del distacco voluto da un Paese e da una famiglia forti e segnanti. Una madre sensibile, insicura e indebolita dal confronto austero con le tradizioni balcaniche che la suocera incarna; un figlio emancipato, libero e indipendente, da cui teme un abbandono radicale e irrazionale per dedicarsi al suo percorso intellettuale, alla fama come scrittore e a un amore ribelle fuori dal matrimonio.

 

La provocazione di Ismail Kadare

Due postazioni. Una linea di confine. Una guerra. Un inverno gelido. La neve, caduta in abbondanza, taglia i collegamenti. Sui due fronti i soldati sono costretti a vigilare gli uni gli altri. Non solo. I due fronti sono costretti a dialogare, a varcare uno il confine dell’altro. Ma forse non è una necessità, forse è un inganno. Forse è una provocazione. Un caporale – al comando a causa della assenza dei superiori, quando il bianco della neve sfuma i confini tra le cose – si trova di fronte a scelte che decideranno il suo destino e quello dei suoi compagni. Un racconto sulla guerra, la nostalgia, il desiderio, la potenza silenziosa della natura./albanianews.it/

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