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La Letteratura è di natura indipendente

Ismail Kadare durante la cerimonia di consegna dei Premi Principe delle Asturie.

Il discorso di Ismail Kadare durante la cerimonia di consegna dei Premi Principe delle Asturie il 23 ottobre scorso. Il grande scrittore albanese ha vinto l’edizione 2009 per il ramo della letteratura prevalendo sull’italiano Antonio Tabucchi, al ceco Milan Kundera e all’inglese Ian McEvan.


Di Ismail Kadare

È un vero piacere trovarmi in quest’aula e rivolgervi la parola. Sono doppiamente onorato, perché se sono qui, è grazie alla letteratura, l’universo a cui appartengo.
Ci sono stati e tutt’ora ci sono due correnti di pensiero sulla letteratura tra loro contrapposti. La prima, più vecchia e naif, la ritrae come una delle tanti forme d’arte che può compiere miracoli per il mondo in cui viviamo. Invece, l’altra, attuale e di conseguenza per nulla ingenua, sostiene che la  letteratura e l’arte trovino il loro fine esclusivamente in se stessi. In entrambe le correnti, verità e menzogna sono mischiate. Tuttavia, come uomo d’arte tendo a credere nei miracoli.

Esiste un modello per questo paradigma: il mito di Orfeo, considerato giustamente il più misterioso dell’umanità. La sua essenza riguarda le potenzialità dell’arte. Con la sua arte, Orfeo è riuscito a fare cose a dir poco incredibili e nonostante non fosse riuscito a scavalcare il muro della morte, aveva sfiorato l’impossibile più di chiunque altro.

Faccio riferimento al famoso mito, per giungere ad un miracolo forse più comune in apparenza, ma della stessa portata. Vent’anni fa, nel mio paese comunista, se qualcuno avesse comunicato ad altri che forse un giorno, uno scrittore albanese sarebbe stato premiato in Spagna dal Principe ereditario in persona, molto probabilmente questo qualcuno sarebbe stato dato per pazzo, arrestato e rinchiuso in un manicomio. E sarebbe stato il male minore. In una seconda versione, egli sarebbe finito per essere interrogato e torturato, perché sospettato di complotto altamente rischioso!
Probabilmente, questa ipotesi vi sembrerà drammatica, proverò dunque a spiegarmi meglio.

A parte la breve relazione d’amicizia del XV secolo, non sono mai esistiti chissà quali legami tra il mio paese, l’Albania e il vostro, la Spagna, che si sono definitivamente interrotti nel secolo scorso, quando il mio paese comunista (noto per la sua capacità di tagliare i ponti con gli altri paesi) ruppe ogni rapporto con la Spagna. Il carattere miracoloso della letteratura però, come ogni altra cosa al mondo, ha una sua tradizione. Durante il c.d. periodo gelato di cui ho appena parlato, quando nessuno osava circolare tra l’Albania e la Spagna, un cavaliere solitario aveva il coraggio di andare oltre il confine del proibito ogni volta che lo desiderava, ignorando le regole del mondo. Credo che l’identità del soggetto in questione sia abbastanza intuibile: Don Chisciotte.

Era l’unico che riuscì a non farsi fermare dal regime comunista, nonostante questa fosse la specialità di quest’ultimo. Talmente profonda era la familiarità che il paese aveva con il soggetto, che Don Chisciotte il personaggio o Don Chisciotte il libro sembravano innati in Albania.
Forse qualcuno si spiegherebbe tale paradosso pensando che Don Chisciotte era pazzo, lo Stato albanese altrettanto e tra pazzi è normale capirsi. Scusandomi anticipatamente per il paragone fatto tra la nobile pazzia di Chisciotte e quella viziata dello Stato a cui appartengo, mi permetto di dire che non è voluta ma collegata a ben altro.

Ho fatto questa lunga introduzione per arrivare al nocciolo del mio breve discorso: l’indipendenza della letteratura. Don Chisciotte aveva attraversato il confine albanese perché era fra l’altro indipendente.
Un premio ricevuto da uno scrittore albanese in una monarchia occidentale, su un’opera scritta durante il comunismo in Albania, è la dimostrazione del fatto che la letteratura è di natura indipendente.

L’argomento che sto trattando non è nuovo. È stata e rimane la preoccupazione maggiore di quest’arte. Diversamente dall’indipendenza dei paesi, l’indipendenza della letteratura è globale e perciò deve essere globalmente difesa. E questo non facilita le cose, anzi.
L’indipendenza della letteratura e delle arti è un processo continuo. La nostra mente riesce difficilmente a capire le sue vere dimensioni. Siamo abituati al concetto di indipendenza riferita  a paesi, a nazioni e a singoli individui, perciò non ci è facile riuscire a pensare oltre. Pensare oltre, nel senso di capire che l’indipendenza dell’arte non è un lusso, né un desiderio di perfezionare l’arte, ma una condizionamento oggettivo e quindi necessario. Altrimenti questo universo parallelo non avrebbe retto a lungo, ma sarebbe crollato da tempo.

L’espressione “la repubblica delle lettere” è nota da tempo. È nota anche la tentazione di vedere la letteratura come un mondo naturalmente spirituale ma con attributi più materiali quali lo spazio, il tempo, il movimento. Però ciò non basta. Accettiamo la letteratura come un mondo parallelo referenziale, ma quando si tratta della sua visione integrale, la nostra mente chiusa e conformista  difficilmente riesce ad accettare il parallelismo, ovvero la sua vera indipendenza.

Non possiamo fare a meno di pensare che l’arte anche se non dipende dalle nazioni, dalle dottrine o dalla moda, dovrà pur dipendere da qualcosa. Così ci viene in mente subito il nostro mondo reale, cioè la nostra vita. Che la letteratura dipenda dalla vita stessa, è un pensiero quasi ufficializzato universalmente.

A questo punto, mi sorge una domanda forse di per se eretica:  È  vero questo? La risposta ora come ora è sdoppiata: non si esclude che l’arte sia connesso alla vita, ma solo in parte. Permettetemi, mentre concludo, di spiegare brevemente questa mezza eresia.

Se accettassimo il mondo delle arti e della letteratura come uno parallelo, referenziale, riconosciamo anche che è un mondo rivale. Di conseguenza, considerato che la rivalità porta al conflitto, volendo o dolendo, accetteremo che tra i due mondi: vita e arte, ci sarà un conflitto.

Questo conflitto esiste. In alcuni casi è esplicito, in altri implicito. Nello scontro tra i due, il mondo reale per combattere l’arte si avvale delle sue armi quali la censura, le dottrine, le prigioni. Dall’altra parte, anche l’arte ha i suoi mezzi, le sue fortezze, le sue armi, in maggior parte nascoste.  Succede che il mondo reale si mostri davvero crudele e  senza pietà. Ma anche l’arte sa mostrarsi altrettanto spietato. Un poeta romantico tedesco immaginava le terzine dantesche un po’ come delle lance minacciose e un po’ come degli strumenti di tortura per le coscienze appesantite dai crimini.

La battaglia tra i due mondi è più complicata di quanto sembri. Lo stesso poeta tedesco ha affermato di essere stato infastidito sia dall’amore di alcuni che dall’odio di altri. Per quanto possa sembrare paradossale, sono in tanti a combattere involontariamente l’arte, proprio allora quando credono di amarla.

È evidente che l’indipendenza della letteratura e dell’arte diventa sempre più complessa. Nonostante ciò, noi scrittori siamo convinti che l’arte non alzerà mai la bandiera bianca.

Essendo giunto con il mio discorso, a un concetto triste come quello del darsi per vinto, torno alla visione dei due mondi schierati uno di fronte all’altro, in attesa della vittoria.

Tra il mondo reale e quello delle arti ci sono parecchie differenze, ma ce n’è una in particolare, al di sopra delle altre. La distinzione di cui parlo è questa: mentre, nel suo conflitto con l’arte, il mondo reale è capace di aggredirla spietatamente per distruggerla, in nessun caso la letteratura e l’arte farebbero altrettanto con il mondo reale, anzi lottano per renderlo più bello e piacevolmente vivibile.

È questa la differenza abissale tra i due. Non è altro che la conferma più sublime della vera indipendenza dell’arte e della letteratura.

Tradotto per AlbaniaNews da Altina Hoti.

 

Albania News, 7 novembre 2009

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