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ROMEO MAGHERESCU: APEIRON di MARIA TERESA LIUZZO

Nella foto, da sinistra il Prof. Romeo Magherescu. il sindaco del paese natate della Liuzzo Prof. Nicola Briguglio e il critico letterario Paolo Arecchi.

Prefazione di ROMEO MAGHERESCU, Dell’Università di Craiova – Romania

 

Vista da vicino, con minuzia, questa raccolta poetica per un attimo ti fa provare un’aria di smarrimento, non sai come inquadrare un genere così estraneo al canone tradizionale, e anche alle ultime correnti della moda letteraria. Eppure a ricomporre il quadro poetico, basta indietreggiare di qualche passo, prendere le distanze e cogliere l’impressione dell’insieme, come di fronte ai quadri d’ispirazione picassiana. Qualche linea, qualche tassello dorato salta agli occhi col suo bagliore e basta intuire la chiave del gioco per avere le linee definitorie del quadro.

Il resto devi farlo da te, riempire gli spazi col proprio colore e con la sfumatura adatta, te lo concede lei stessa, l’autrice, purché risalti una parte di lei in evidenza sull’orizzonte d’attesa.

Quindi ognuno qui, a modo proprio può diventare un ”io” randagio che ” il bozzolo rimpiange e pace trova”.

Il profilo inafferrabile della poetessa, quasi indefinibile a volte sfiorante un’ingenuità poetica, è suo particolare e i suoi versi sono una sfida al tradizionale troppo frequentato dagli illustri e  al nuovo delle coorti di epigoni e imitatori. Sembrano spiccare alcuni valori di riferimento: la madre, l’eternità, le stagioni e il cielo che da quando mondo è mondo di tutti i poeti. Ma qui ci domandiamo con la poetessa: ”umani sentieri / ove condurrà l’oblio / delle tradizioni? / Non odo danze / nel vegetare dell’attesa / anche la polvere ci sfugge: / nuotare dovremo / nella marea del vuoto.”

Colpiscono le immagini di un universo femminile intriso di colori in molti punti del suo profilo poetico e ci si fa aiutare dal suo ”nettare” per raccogliere le essenze e il succo di una poesia.  ”Cercatemi dove il nulla esiste / e il tutto trasforma / il moto dell’ombra”.

A scendere in profondità non per indagare freddamente, ma per guardare dentro un’anima che dice e pensa con sofferenza, si deduce che Maria Teresa Liuzzo è donna di emozioni sussurrate in un tono che solo chi ha la chiave per aprire delicatamente il suo intimo, ne possiede per intero la visione.

Un tentativo estremo di ancorarsi a qualcosa ce la fa immaginare sotto un tramonto più tranquillo di quanto sia la sua esperienza passata. Ha cambiato tono e stile in questa raccolta; superato ormai tutti gli ”ismi” e soprattutto le ideologie, una volta risaliti dagli inferi, la poetessa ci porta su una scala che si protende all’infinito verso un Dio che ognuno sente di intuire e non riesce a provare.

La Liuzzo sceglie il confine nel deserto di tante ideologie morte e vive nella religione della stessa essenza dell’uomo.  ”Più non distinguo / il rosso della ”carne” / né il nero tendenzioso della morte. / Vivo l’anoressia del secolo / nel deserto allucinante di quest’anima. / Continuo a soffrire / il tatuaggio di squallide presenze / infiltrate nel tessuto umano dell’ombra…” ( Il tessuto dell’ombra ).

Se qualcuno della schiera dei critici si lamenta ancora e si chiede, in una recente pubblicazione, quanti sono i poeti: ( ”dovunque ci si volge, editori grandi e piccoli, tipografi ubicati in scantinati di metropoli, in laboratori di provincia, in eremi, in cima alle montagne, che producono, a getto continuo, libri di poesia” ), non fa altro che attestare la condizione avventurosa della poesia odierna. La vera lirica è dei poeti autentici che non sono mai in troppi quando officiano da sacerdoti il rituale nel tempio della poesia, come fa la nostra!

 

 

 Romeo Magherescu dell’Università di Craiova – Romania, 21 marzo 1995.

 

 

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