LA PICCOLA ANNA FRANK DI UN PAESINO DELL’ITALIA MERIDIONALE
… E ADESSO PARLO! MARIA TERESA LIUZZO
di MAURO GIOVANELLI, Poeta -Critico Letterario – Saggista
Il romanzo s’inoltra nell’architettura delle sordide vicende di personaggi meschini e abietti come solo ne ”I miserabili” di Victor Hugo possiamo trovare; è narrazione di rovine e peccati, tradimenti, menzogne, abusi e incesto, violenza e prevaricazione, vigliaccheria, sebbene nell’opera dell’autore francese la ”cattiveria” trovi quantomeno attenuanti nelle disattese promesse di miglioramento delle pietose condizioni di vita che la Rivoluzione del ‘789 prima, l’epoca napoleonica poi, aveva fatto sperare a una plebe sempre più perseguitata anche dalla legge e dal potere. Invece in ”… E adesso parlo! ” vi è la perfetta geometria della malvagità gratuita, fine a se stessa, senza motivo alcuno, nessun vantaggio se non sanare gli insani appetiti delle squallide ma onnipresenti comparse che orbitano sbilenche intorno a un luminoso astro. A rischiarare le pagine del libro giungono, infatti, solo i continui e intensissimi riverberi della storia di una bimba la cui purezza e bontà d’animo, spirito di sopportazione e speranza non riescono tuttavia a scalfire l’impianto complessivo di una struttura diabolica e carceraria che gli stessi parenti, genitori naturali compresi, hanno costruito attorno alla protagonista tenendo essa stessa e il lettore in una sorta di tensione emotiva e partecipata fino all’ultimo capoverso. E’ narrazione verticale, si espande dal basso all’alto e viceversa, non descrive gli spazi, forme, paesaggi, orizzonti bensì il messaggio è ascensionale, procede lungo l’inesistente asse delle ascisse, inferno dantesco e paradiso negato, cielo e abisso penetrando a perpendicolo nell’animo e nel cuore dove si conficca come l’arturiana spada nella roccia; a essere trafitti sono però i nostri sentimenti, la morale comune, il compromesso e finto perbenismo. Una volta estratta, la lama porterà con sé brandelli della coscienza universale. Difficile la catalogazione, potrebbe essere biografica, racconto, invenzione, paradossalmente anche una favola. Gli ambienti in cui ci inoltriamo sono tetri come le costruzioni romaniche, prive di aperture, la luce esterna neppure è filtrata, le le stanze in cui Mary ha vissuta bambina e adolescente, buie, inospitali, grevi del suo sangue e dolore si aprono solo per mezzo dei suoi sogni al fine di poter toccare le angeliche e confortevoli altezza gotiche e barocche delle rassicuranti figure, le sole su cui poter fare affidamento: profonda fede, certezza della verità, tenacia e … Raf. Nel corso di questo viaggio ho spesso creduto di inoltrarmi nel contrario dello specchio di Alice per essere ribaltato in una Macondo diversa da quella immaginata da Marquez, isolata e irraggiungibile persino dai saggi zingari che lì portavano sapienza e conoscenza di lontani mondi sconosciuti. Ed è un libro assurdo e vero in cui s’insegue la rinascita della piccola, tenera eroina come se la riscossa dovesse riguardare direttamente il lettore; è diario d’indicibili torti all’innocenza e purezza; ed è anche desiderio di legittimo soddisfacimento di languori spirituali e carnali che solo il rassicurante angelo immaginato potrebbe ormai soddisfare; ed è una corsa spasmodica verso la libertà; è la piccola Anna Frank di un paesino dell’Italia meridionale, aguzzini gli stessi componenti la famiglia, che ci rende partecipi della sua odissea affinché si scoprano tutti i perché del dolore e impedire che possa spegnersi la speranza in un mondo giusto. Per sempre la mia carezza a Mary.