LIUZZO, UNA POETESSA DALLE INDISCUSSE QUALITA’ ARTISTICHE
MARIA TERESA LIUZZO: UNA POETESSA DALLE INDISCUSSE QUALITA’ ARTISTICHE
UNA POETESSA VERA, CHE IN NESSUN MODO APPARTIENE ALLA INESTINGUIBILE MARMAGLIA DEI DILETTANTI, NÉ ALLA TRISTE SCHIERA DEI VERSEGGIATORI SENZ’ANIMA
di SIMONE GAMBACORTA, critico letterario – ottobre 2004
Maria Teresa Liuzzo è certo una fine poetessa. Lo testimonia il consenso dei numerosi critici che ne hanno apprezzato i versi. Ma la sua opera meriterebbe senz’altro una più ampia diffusione e un maggiore numero di lettori: non che manchino l’una e gli altri, ma una penna tanto gradevole potrebbe ambire a migliore visibilità. In Italia pullulano migliaia di più o meno presunti poeti. I premi letterari, che troppo spesso suscitano perplessità, ne consacrano continuamente di nuovi. Ogni anno vengono sfornati non si sa quanti libri di poesia. E’ un bombardamento. Escono come funghi. Però il momento della verità arriva sempre. Così, pian piano, molti nomi scivolano nel dimenticatoio, altri dimostrano la propria pochezza, altri ancora scompaiono nei gorghi del più vieto provincialismo. Restano in piedi gli autori e le autrici davvero capaci di imprimere quel non so che ai propri componimenti. Sono pochi, perché reggere il confronto con il tempo è una grande difficoltà. Maria Teresa Liuzzo è una poetessa dalle indiscusse qualità artistiche. Una poetessa vera, che in nessun modo appartiene alla inestinguibile marmaglia dei dilettanti, né alla triste schiera dei verseggiatori senz’anima. La sua prima poesia risale al 1970. A quella ha fatto seguito un’esperienza poetica cospicua, vivacissima, ricca di riconoscimenti, e fortunatamente tuttora in corso. Questo è già in fatto, un fatto molto eloquente. Non a caso della Liuzzo hanno scritto nomi di primissimo piano, come Maria Luisa Spaziani, Vincenzo Guarracino, Giorgio Bàrberi Squarotti e Vittorio Vettori. Tutti sempre concordi nel salutare con plauso e lode le sue opere. Da questo retroterra è nata l’ultima fatica della poetessa, …ma inquieta onda agita le vene, una piccola, finissima silloge, che abbina la delicatezza di toni e movenze a un intenso bagaglio di pensosità. C’è da alzarsi in piedi e togliersi il cappello, dopo aver letto queste pagine. Fanno scuola alcune parole di Bàrberi Squarotti indirizzate all’autrice: ” Ho subito letto la Sua raccolta di belle e altissime poesie, che consacrano l’esemplarità di un discorso così accesamente visionario fra cielo e passione del cuore. L’opera è perfettamente unitaria anche per il ritmo rapido, incalzante”. Che altro dire se non sottoscrivere senza indugi queste righe? Il giudizio nella sua brevità è esattissimo. Per rendersene conto basta immergersi in questo libro, assaporandone le sfumature più riposte. Vi si incontrano luoghi davvero preziosi. Un esempio: ” Oltre il rosso del fuoco, / disvela ricami l’occhio / dell’immaginazione, / scarabei e pulviscoli / di folgore sul violetto dei cardi: / guizzi di metallo, / infrangono / segreti di ciclopi / ed ere sepolte”. Andiamo avanti: ” Atomi di silenzio / attraversano cortecce d’ebano, / ascendono diafane sequoie. / Ho negli occhi / homo sapiens e palafitte”. Ancora: ” Lo scarabeo e la mantide… / Infranto è il bozzolo, irridono / criniere di mimose. / In cardinale di granito scorrono / calendari di lucciole, emigrano / tamburi e cirri”. E infine: ” Sommuovono le braccia / spume alterne. / Il desiderio affonda / in fondali d’arsura”. Rapide citazioni, certo, che tuttavia consentono di comprendere in pieno quale cordiale robustezza abbiano le poesie di Maria Teresa Liuzzo. Ne nasce un discorso poetico molto pacato, ma assai incisivo, pieno di echi e di risonanze, di vibrazioni e slanci, di aperture e ritorni, di ripiegamenti e ricognizioni. E tutto poggia su un tessuto emotivo sobrio ma palpitante, capace di accogliere una riflessione pregna di umanità, senza infingimenti e impennate d’enfasi. Salutiamone entusiasti la pubblicazione.