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Chiara Ortuso: Il secondo romanzo di Maria Teresa Liuzzo

Oltre la siepe del cuore: Non dirmi che ho amato il vento!

 

Volare tra gli immensi oceani dellospasimoe del dolore per poi risorgere da ceneri arroventate, da una polvere sabbiosa esottile che si incolla rapida al ventre spingendolo nei meandri di un’inusitata violenza, quella perpetrata ai danni di uno spirito capace di rilucere per sensibilità e bellezza riempiendo di sé l’esistenza di carcasse senza scrupoli, di uomini rivolti alla parte più vile, come Platone sosterrebbenel commentare la porzione concupiscibile di un essere creato per raggiungere lo splendore del mondo delle idee, di uno spirito perso nell’oscurità del male. Così il secondo romanzo della poetessa e scrittrice, nonché direttrice della rinomata rivista internazionale “le Muse”, Maria Teresa Liuzzo, Non dirmi che ho amato il vento!, sembra danzare, mediante una cifra stilistica ricercata e sublime la quale si accosta per simbologia e complessità finanche alla scrittura ermetica di Mallarmè, sulla scia di contrasti che trovano, similmente alla sintesi di hegeliana memoria, il loro momento di risoluzione nell’amor che move il mondo, scoprendosi in un turbinio di memoria e realtà. In tale maniera perfinoquella coscienza di se stessache, nella fenomenologia husserliana pareva schiudersi su una visione delle cose la qualeapriva debolmente uno squarcio sulla dimensione dell’altro, si spalanca su un’alterita’ che pare essere, anche nella sua abituale sfera di estraneità e delusione, l’unica soluzione di senso nel deserto deiettivo, citando Martin Heidegger, dell’esser-ci. Un Desein immerso nella meraviglia di una natura chemanifesta, nella sua chiosa di incanto, quella “rosa sfiorita” tramutata dalle stagioni del tempo in ricordo, narrando una sinfonia di rimembranza che riecheggia nostalgia. In tal modo l’incantevole Mary si muove passeggiando tra i boschi della vita mentre sogna il suo iperbolico sentimento per quel Raf tanto idealizzato da vivere scolpito sulle ferite del cuore,sulle lame di false amicizie e orribili inganni, su quel covo di demoni velenosi che si annida proprio in quel luogo il quale avrebbe dovuto costituire il porto sicuro per fragili membra e amare lacrime, la famiglia, tramutandosi, al contrario, in un crogiuolo di falsità ed incertezza. E, tuttavia, persino quel medesimo individuo su cui la leggiadra fanciulla aveva riposto le sue labbra stanche ed il suo alito in fiamme si dimostra per ciò che è: un seguace del nulla, un millantatore della verità e dell’onestà, gettando la protagonista del romanzo in un bacino di tristezza ed umiliazione dacuipare, giammai, impossibile uscirne. Eppure il grande coraggio di una stella in terra, di una lucciola che continua a brillare di luce propria,sopravvive alla lacerazione di sé, rifugiandosi negli occhi di quella creatura nata dalle “piene e dalle spine” della tribolazione, ammantando con il bagliore di un sorriso una madre “appesa come Cristo in croce”. Grandiosità di un legame, quello vissuto da Mary verso il suo piccolo, che consente di oltrepassare lo sconforto di un’infingarda passione in direzione dell’infinito della vita.

Straordinaria l’intensità con cui, in definitiva, la Liuzzo ammalia il lettore trasferendone i passi all’interno di uno spaccato di realtà in grado di nutrire pensieri e desideri sino a possederne tout court, con forza,lasua psiche alla ricerca di un lampo luce e di una gemma di gioia.Non dirmi che ho amato il vento! si conferma, dunque ad attenta analisi, quale brillante continuazione di E adesso parlo!, bissandone , se fosse possibile, il grande successo.

 

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