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Antonio Catalfamo: DELMA CIGARINI E LA POESIA COME UNITA’ DEL SAPERE

 

Delma Cigarini nasce, in prossimità del primo dopoguerra, nell’ambito di una famiglia contadina, a Budrio, in quell’Emilia-Romagna che ha tanto inciso sulla sua vita e sulla sua opera artistico-letteraria. Cresce in un mondo contrassegnato dal duro lavoro operaio, che alla dimensione del sacrificio assomma quella dei valori sani e del legame con le “piccole cose”, che determina felicità spontanea e genuina. Questo mondo non rappresenta, dunque, solo il «contesto» nel quale s’inserisce l’esperienza esistenziale della Cigarini, ma anche il terreno fertile nel quale si immergono le sue radici e che alimenta la sua crescita umana e spirituale. Delma si identifica interamente ed appassionatamente con esso. Anche lei è una lavoratrice. Da bambina immagina di fare la parrucchiera, poi si specializza nel cucito e s’impiega in una grande azienda di confezioni. Si sposa ed entra nell’azienda familiare.

Si accosta da autodidatta al mondo dell’arte, partendo dal teatro e dalla musica ed approdando alla poesia, dapprima istintivamente, senza avere la piena consapevolezza ch’essa, alle sue origini, fu canto, come ha ben sottolineato Borges. Ma Delma non si ferma a questo livello di adesione spontanea. Affina progressivamente gli strumenti della sua espressività letteraria e comincia a pubblicare quando si sente abbastanza forte e sicura. Esce così, nel 2007, la raccolta poetica Quando più in là (DEA Ed., Centro di Poesia, Cultura e Arte, Montecavolo-Reggio Emilia).

Successivamente affida i suoi versi ad una piccola casa editrice di Reggio Calabria, l’A.G.A.R., che considera il libro non come un prodotto esclusivamente commerciale, da realizzare rapidamente come se si trattasse di un elenco telefonico, ma presta ad esso, per converso,  le attenzioni dei prodotti artigianali di una volta, che venivano curati nei particolari e che erano essi stessi, in aggiunta ai contenuti letterari, opere d’arte. Questa scelta implica un rischio: non poter raggiungere il grande pubblico dei lettori, in quanto le piccole case editrici non hanno una distribuzione che assicuri la presenza capillare nelle vetrine e sugli scaffali delle librerie a livello nazionale. Ma, dall’altro lato, c’è il vantaggio di sottrarsi al «fast food» culturale, di trovare ascolto presso un pubblico di appassionati e di intenditori, di alimentare un canale alternativo di comunicazione fondato sulla qualità. E qui va ricordato, seppur incidentalmente, che la Calabria (e in particolare Reggio) si è distinta nella stampa editoriale sin dal Cinquecento, con libri di pregio, sia dal punto di vista contenutistico che estetico: piccoli gioielli d’arte.

Per i tipi di A.G.A.R. Editrice esce nel 2010, nell’ambito della collana Poeti del Terzo Millennio, autorevolmente curata da Paolo Borruto, una seconda raccolta poetica: Angeli senz’ali. L’autrice è presente, inoltre, con suoi testi in diverse edizioni della Storia della Letteratura, anch’essa curata da Paolo Borruto sempre per conto di A.G.A.R. Editrice, che pubblica pure la terza raccolta poetica della Cigarini: Sensazioni. Metafore in movimento (2022).

Dicevamo del forte legame della nostra poetessa con la sua terra natia, che si riverbera sulla sua poesia. Delma Cigarini, a nostro avviso, si colloca lungo la scia delle prime Myricae (1891) del Pascoli, che, com’è noto, prendono il nome dalle umili tamerici virgiliane, nelle quali, come ha ben sottolineato Antonio Piromalli,  «natura e campagna sono colte con semplicità immediata, priva di schemi letterari, che […], nelle successive edizioni, si incupisce per il peso di una coltre funeraria che ammanta il nuovo tono psicologico pascoliano. […] La natura (psicologicamente intesa) è inconoscibile, l’ombra delle cose è più importante delle cose stesse, il dolore per gli oggetti perduti (il nido, la casa, la famiglia) comincia ad essere espresso con vaghezza ideativa, l’immaterialità, la disposizione all’espressione indistinta che sono del decadentismo. Tutto vi appare franto, rabbrividente, il paesaggio è musica vaghissima». Pascoli scivola verso la poetica de Il fanciullino. Precisa Piromalli: «Non era certamente la poetica dei grandi decadenti europei che esplorano gli abissi psicologici. Era un porto sicuro contro la violenza della società, un rifugio contro l’ingiustizia, era un universale psicologico a cui si potevano miracolosamente affacciare uomini di tutte le classi».

La poesia di Delma Cigarini, per l’appunto lungo la scia delle prime Myricae pascoliane, rappresenta la campagna emiliana nella sua semplicità, nell’autenticità dei suoi valori e del suo sentire, senza scadere, però, nel semplicismo, nel “fotografico”, nello “stereotipato”, nello stile da cartolina illustrata. Giustamente Giulia Calfapietro, nella Prefazione a Sensazioni, fa riferimento a Bergson, alla distinzione che il filosofo francese istituisce tra tempo e spazio «cronologici», da un lato, e spazio e tempo «interiori», dall’altro. La coscienza dell’artista filtra il mondo esterno, in tutte le sue componenti, geografiche ed umane, e dà vita ad un mondo poetico che è espressione della personalità della scrittrice, così come è andata conformandosi e plasmandosi negli anni.

La poesia della Cigarini si presenta, dunque, come sintesi originale e dialettica tra realtà «oggettiva» e realtà «soggettiva», ed in ciò consiste la sua arte. Perciò va analizzata nella sua complessità, nelle sue componenti “dialettiche”, superando le “opposte unilateralità” della critica “togata”, che soventemente mette in risalto un aspetto o una componente, oscurando tutte le altre. E’ questo un difetto della critica in generale, ma che va qui evidenziato per sottolineare il carattere unitario dell’opera di Delma Cigarini.

Ha scritto, a tal proposito, il grande poeta neo-greco Ghiannis Ritsos: «La critica spesso scompone la sintetica immagine-essenza della poesia, disgiungendone i vari elementi che la compongono (idee, sentimenti, commozioni, parola, ritmo, immagine, tecnica del verso, ecc.) per studiare ognuno di questi separatamente e poi nei loro rapporti, corrispondenze e analogie. Talvolta assume a fondamentale misura comparativa un’assoluta opportunità ideologica, talvolta una determinata posizione emotiva dinanzi a fatti sociali, talvolta infine un determinato principio estetico a base di cenni verbali, segni di espressione, riflessi, astrazioni, reticenze, che esigono e provocano la disposizione al completamento e all’integrazione, il destarsi di svariate correlazioni».

Così, nelle poesie di Delma Cigarini, la campagna emiliana, come sottolinea opportunamente Giulia Calfapietro,  ha i colori vivi dell’infanzia, la casa di famiglia si erge come un presidio a difesa dei valori sani della tradizione. Ma, nel contempo, allargando l’angolo visuale, come in un «campo lungo» cinematografico, viene rappresentata nella sua policromia, nei suoi contrasti e nelle sue contraddizioni interne, di cui la varietà dei colori è concretizzazione. Gli oggetti, allora, con vengono visti nel loro isolamento, bensì come «correlativi oggettivi», per l’appunto, dei sentimenti della poetessa, ma anche di tutta la comunità, in una dimensione individuale dello spirito che s’intreccia con quella corale. Ma la dimensione simbolica, al pari delle prime Myricae pascoliane, nell’interpretazione illuminante di Antonio Piromalli, non assorbe mai del tutto quella reale.

La natura viene raffigurata leopardianamente in tutta la sua «varietà», comprensiva, in un’unità dialettica che trova sintesi ad un livello superiore, delle “grandi contraddizioni” tra chiaro e scuro, luce e buio, gioia e dolore, bene e male, odio e amore, finito ed infinito, razionale ed irrazionale, ponderabile ed imponderabile. E’ questa l’unità di cui parla Ghiannis Ritsos e che sfugge spesso alla critica “settoriale”. Passato, presente, futuro s’intrecciano nell’ «infinito-finito» dello «spazio-tempo».

L’universo naturale viene colto nel suo continuo farsi e divenire, nel suo trasformarsi e rinnovarsi. Scrive, ancora, Giulia Calfapietro: «E’ chiaro il preferire, da parte della poetessa, alcuni elementi quali le nuvole, che, nel loro continuo trasformarsi inventando forme sempre diverse, rappresentano l’eterna vitalità dell’universo, che non è mai uguale a se stesso, ed il vento, che da brezza primaverile si fa sferzo gelido, nel suo causare movimento, sottolinea ancora una volta il tempo che passa, la vita che si trasforma e si rinnova».

«Io» e «noi» si intrecciano. Il destino individuale è strettamente legato    a quello collettivo. La poetessa soffre per la condizione di solitudine e di abbandono degli anziani, relegati in case di riposo, per il dramma dei migranti costretti ad affrontare la morte per sfuggire alla fame ed alla miseria, per gli «homeless», sempre più numerosi, che cercano un rifugio di fortuna. Vita e morte sono facce della stessa medaglia, anche se nella visione poetica della Cigarini non troviamo mai il rapporto conflittuale con i morti che caratterizza la poesia matura del Pascoli.

Quella della poetessa è sempre una visione serena, consapevole della supervisione divina, che tutto vede e provvede. La religiosità di Delma Cigarini è quella sincera, fiduciosa, del popolo. E’ oggi in armonia con quella portata avanti da papa Francesco, che ci avverte dell’interdipendenza dei destini umani, che «nessuno si salva da solo», per cui è necessaria la solidarietà tra gli uomini e le donne di tutto il mondo, perché tutti siamo ospiti su questa terra, siamo «migranti», come lo fu pure Gesù Cristo, alla ricerca di un approdo, di un «porto sepolto».

Dicevamo che nella poesia di Delma Cigarini passato, presente, futuro, si fondono e confondono, in un tutto unitario, che caratterizza la dimensione composita dello spirito umano e, segnatamente, poetico. E allora è necessario recuperare, come ho scritto più volte sulla scia di Franco Ferrarotti, la dimensione esistenziale del passato contadino, di quel mondo nel quale ci si muoveva con cautela e circospezione, come gli uomini di campagna, che debbono stare attenti a dove mettono i piedi, per difendersi dalle asperità e dalle insidie del terreno, debbono risparmiare, in un contesto di penuria, tutto, persino i gesti, debbono ponderare ogni decisione, senza fretta, di contro al mondo attuale, all’universo «digitale iper-connesso», secondo la felice definizione del solito Ferrarotti, in cui si corre sempre, non si sa in funzione di quale obiettivo e di quale meta, tanto che la velocità finisce per essere fine a se stessa. Nel contempo, è necessario recuperare i principi aurei del mondo classico greco e latino: «Ne quid nimis» («Niente oltre misura»); «Festina lente» («Àffrettati lentamente»); «Age quod agis» («Fai [bene] quello che stai facendo»).

Per tutti questi motivi, l’opera poetica di Delma Cigarini è fortemente attuale e costituisce un esempio, soprattutto per le giovani generazioni e per quelle a venire.

 

 

 

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