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DOLOROSE MEMORIE, CORAGGIO E DENUNZIA IN UN ORIGINALE ROMANZO DI M. T. LIUZZO

 

di Carmelo Ciccia, Italianista – Latinista – Saggista e Critico letterario

Conoscevamo Maria Teresa Liuzzo come poetessa di notevole valore, pluripremiata in Italia e all’estero, oltre che come fondatrice e direttrice della rivista “Le Muse” di Reggio di Calabria ed esponente culturale in relazione con importanti enti e personalità del mondo. Ora veniamo a conoscerla come narratrice che continua ad essere poetessa in un romanzo in cui molte pagine sono intrise d’alto lirismo.

Il romanzo …E adesso parlo! di Maria Teresa Liuzzo (A.G.A.R., Reggio di Calabria, 2019, pagg. 160), presentato con un’accattivante copertina, è un autentico cahier de doléances. In questo “quaderno di doglianze” queste occupano l’intero romanzo, magari più volte rievocate, fino all’ultimo capitolo, nel quale si fa una rassegna delle stesse: e preferiamo la paroladoglianze alla parolageremiade, la quale ultima potrebbe sottintendere l’infondatezza delle lagnanze.

Che tenerezza ci fa — per l’interminabile sequela d’umiliazioni, maltrattamenti, violenze, tentativi di stupro e d’omicidio, sequestri di persona, tradimenti, ingratitudini, ingiustizie, inganni e truffe —questa Mary, bambina e adulta, figlia e madre!(Della quale peròci meraviglia il nome anglo-americano impostolein una regione, che per quanto riguarda l’onomastica all’epoca della nascita della protagonista era fortemente legata a nomi devozionali espressi in italiano,dato che non era ancora arrivata l’imperversante moda delle parole anglo-americane.)

Mary è capitata in un ambiente di delinquenti che abitualmente trasgrediscono gli obblighi della legge, oltre che quelli della religione, della morale, della riconoscenza, della genitorialità, della fratellanza, della figliolanza e del buonsenso: assassini, aguzzini, pedofili, incestuosi, adulteri, truffatori, ladri… E questi delinquenti sono i suoi genitori, il primo marito, la figlia (nata dal primo matrimonio), i parenti, gli affini e altre persone dell’ambiente, alcune delle quali collegate all’organizzazione delinquenziale dell’andràgata(per usare una parola greca), a cui a volte sottostanno perfino le forze dell’ordine.Si tratta della feccia della società: e sembra che al peggio non ci sia fine. Soltanto il secondo maritodapprincipio e il figlio (nato dal secondo matrimonio), oltre che qualche vecchio conoscente, qualche sindaco e medico, la trattano con comprensione e rispetto. Ma è al di fuori dell’ambiente familiare che Mary è riconosciuta ed apprezzata a pieno, fino ad occupare i primi posti nella vita sociale e culturale per l’affetto e la stima riscossi.

Questa vicenda per certi aspetti potrebbe risultareorripilante e deprimentead alcuni lettori. Eppure essa vive e s’impone grazie alla poesia che v’è infusa: ed è grazie a questa poesia che molte pagine assurgono a livelli di sublimità ed incanto, considerando anche che l’immaginarioRaf vive in un mondo di sogno ed è ispiratore e portatore di poesia.

Con fine analisi psicologica l’autrice scandaglia l’animo della protagonista e ne mette in evidenza le doti di purezza, resistenza e sopportazione in siffatto ambiente di turpitudini e nefandezze, facendoneun’eroica martire che grandeggia per un intero libro, fiduciosa in Dio e nei santi, fra cui santa Maria Goretti (emblema della purezza fino al martirio) e san Pio da Pietrelcina (taumaturgo dai numerosi prodigi). Inoltre fa di lei un esempio vivente del precetto evangelico del perdono, in ciò seguendo il magistero della Chiesa: cosa per la quale questo romanzo assume anche un carattere parenetico, diffondendo questi ed altri insegnamenti religiosi e morali.

Eper sua fortuna Maryha dalla sua parte Raf e la poesia: lei spesso ricorre a questi ideali, si rifugia in essi e in essi trova la forza di continuare a vivere, nonostante qualche tentativo di suicidio.

Il pittore Raf è un dàimon, come l’autrice stessa l’ha definito alla greca, cioè un essere soprannaturale immaginato dalla protagonista e col quale lei vive una straordinaria storia d’amore in una seconda vita parallela e paranormale. Con lui lei parla, ascolta, dialoga, ama, freme, spera, progetta l’avvenire e soprattutto trova la sua pace. Nel suo excessus mentis, come dicevano gli antichi mistici definendo l’estasi, Mary si congiunge con lui, prova piacere e riesce perfino ad avere un figlio. E c’è di più: per un trasferimento mentale, quando va ad abitare nella villa “Destina” donatale da un ammiratore, Mary apprende da una telefonata ricevuta che precedentemente la casa era abitata da due artisti follemente innamorati l’uno dell’altra: un pittore già avvocato e una poetessa di nome Maria (ora Mary è in italiano Maria), che avevano un cane della razza “labrador” come quello posseduto da Mary, fedele compagno di lei.E allora è il caso di domandarsi se la vita è sogno come affermava Pedro Calderón de la Barca e negava Salvatore Quasimodo.

Certamente tutto ciòè surreale, ma denota l’abilità dell’autrice, che è riuscita a rendere verosimile l’irreale e a costruire una fantastica vicenda d’amore alla quale ha dato la concretezza della realtà. E in ciò sta l’originalità di questo romanzo.

Oltre allatrama, che si può definireanche storia d’un’anima tormentata e vilipesa, quello che interessa in questo romanzo è purelo stile, fatto d’evocazioni, riflessioni,ricordie soliloqui che scorrono per pagine e pagine, suscitando pensieri ed emozioni. In questo romanzo ci sono delle vere e proprie lettere d’amore,tanto belle chenon se ne trovano ugualineppure negli appositi prontuaridi lettere d’amore d’una volta; e, se l’orizzonte della quotidianità è buio, grazie alla poesia esso s’apre a squarci di sole e di luce. Bellissimi paesaggi e fulgide speranze intervengono a colorare la vita, a dare fiducia.

Il romanzo è preceduto da una prefazione di Mauro Decastelli; e le pagine finali sono occupate da un’imponente nota biografica che attesta l’attività e i riconoscimenti dell’autrice, nonché il suo ruolo di primo piano nella cultura contemporanea. Ma non sono da ignorare né la bella poesia del risvolto della copertina indirizzata alla mamma, alla quale s’attribuisce un’“anima di ghiaccio” e si contesta di non aver ascoltato “il grido del mio aiuto”, né la lunga, appassionata e commossa dedica al figlio Davide (pag. 2) di “questo romanzo, che è di dolorose memorie, ma anche di coraggio, di riscatto e di salvezza, al di là della sacrosanta denunzia”: queste due cose, meglio di qualsiasi recensione, aiutano a capire situazioni e stati d’animo della narrazione e — anche se ciò è ininfluente ai fini del già evidente valore artistico dell’opera —ad identificarne sia pure parzialmente alcuni personaggi, nonostante la dichiarazione finale che “Ogni riferimento […] è da considerarsi puramente casuale” (pag. 160). E tutto il contesto non può non coinvolgere i lettori più sensibili ed indurli a manifestarein modo affettuoso e tangibile alla vittima innocente la propria umana e sincera solidarietà e nel contempo le più vive e calorose congratulazioni per il coraggio, il riscatto e la salvezza.

L’espressione linguistico-espressiva è chiara, scorrevole e corretta; e se non fosse per qualche virgola mancante e qualche parola straniera tipograficamente non differenziata, il linguaggio altamente poetico si direbbe perfetto, nonostante alcuni refusi.A sua volta la forma grafico-editoriale è elegante e l’impaginazione ordinata e ben disposta, anche se per una migliore fruizione dell’opera sarebbero stati opportuni margini laterali più larghi e un’inchiostrazione più scura.

 

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