UN RICCO PATRIMONIO INTERIORE FUORI DA OGNI MODA E DA FACILI SPERIMENTALISMI
di ENRICO MARCO CIPOLLINI, filosofo- saggista – critico letterario
MARIA TERESA LIUZZO
”Miosòtide” (Non ti scordar di me), Agar Ed. 2009 (R. C.)
Il titolo non della raccolta ma si badi bene, del libro poetico, Miosòtide, di Maria Teresa Liuzzo non è dato a caso. Non sembri quanto suddetto una pura e semplice divagazione. Il miosòtide o ” non ti scordar di me” nasce spontaneamente e per la sua bellezza con esso si usa adornare i giardini i quali sembrano formare una cascata d’azzurrità. Così questa armonica bellezza la troviamo nella ”poiesis ”, nella creazione della nostra poetessa non nuova ad imprese di tal genere, ormai nota poetessa.
La Liuzzo usa con vera maestria la scelta delle parole che hanno il potere di evocare il flusso interiore delle emozioni seppur bene ordinate ma ricche, pregne di significato. E’ proprio tale potenza evocativa alla quale la poetessa ci ha abituato che è un vero piacere, una ”distensione” dell’anima, leggerla. Fuori da ogni moda e da facili sperimentalismi fin troppo abusati che la Liuzzo si apre al lettore sempre più in una rara avis di libri poetici.
La poetessa di Saline Joniche, ora vivente a Reggio di Calabria, grazie al suo ricco patrimonio interiore, riesce a di – svelare quei sipari, quelle ombre che si frappongono tra autore e lettore per un versificare fresco, pulito, armonico che dà un senso forte alla fattezza del suo potere con flussi – ripeto – che pur nella continuità d’intenti, sondano le varie ”esperienze” dell’essere umano: dai vissuti meta-fisici a quelli ”velati” – tra virgolette – di una certa fisicità ma mai fine a se stessa.
Prendiamo dei versi come questi: / accarezza il mio seno / stampami un bacio sulla bocca / e dismetti il tuo corpo d’ombra. / … Proprio tale ”dismettere il corpo d’ombra” dà la chiave di ciò sopraddetto: tali versi esulano dalla mera fisicità ma la poetessa cerca l’altro nel suo intus, lo desidera trasparente e vero, autentico in sintesi. Sono tale trasparenza ed autenticità il filo conduttore di Miosòtide, che non dà una ”trama” unitaria. Trasparenza non significa ingenuità, si badi bene, a meno che con tale ultimo sostantivo non si intenda come “purezza dei suoi conati meta-fisici”, del suo dir -si al lettore come prolungamento o propaggine del sui Sé, per dar lui un messaggio fecondo e vero, autentico, ripeto, in breve.
Abbiamo già detto della poetessa che sempre cerca di ”di-svelare” la realtà sia tale fisica o meta-fisica, pronunciare e testimoniare, meglio, il suo credo, il suo ethos. Grazie all’immediatezza del suo verbo,
Maria Teresa Liuzzo comunica non solo emozioni o stati d’animo ( è rintracciabile una certa venatura romantica ) bensì i sussulti non tanto del suo Io ma del suo Sé per raggiungere un Sé più grande, cosmico e legare in tal modo l’umano al sovrumano. La poesia diventa arte di comunicare con raffinatezza la propria sensibilità con i vari flussi: è una ricerca del contatto umano, dell’alterità come avrebbe detto E. Lévinas.
Tutto ciò nasce da rigore interno, garbo, padronanza linguistica e possiamo così gustare tale ultima opera in ordine cronologico della Nostra. Ella sa sussurrare, per ciò detto sopra, a chi la sa leggere, ai nostri sentimenti, creare quindi una liaison con i suoi lettori. E tale un suo di -si, narrar -si, ripetiamo, ci giungono come una soffice carezza che ci avvolge, ci ammanta. Per questo Miosòtide è il vero ”miracolo” di tale fatica letteraria. Sta a noi cogliere il messaggio che tale opera emana questo unico, in tal caso, non ti scordar di me.