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MARIA TERESA LIUZZO, LA LUCE DEL RITORNO

 

 

 

 

Di Roberto Nespola, Poeta – Saggista -Critico Letterario – Traduttore 

 

Questo nuovo tassello del pluriverso romanzo di Mary è segnato da un decisivo approdo alla poesia. Si tratta d’un testo, infatti, che ha una sua precipua sostanza poematica, sostanza che si esprime sia, esplicitamente, con i versi che, più implicitamente, con la prosa: le forme dei due generi rimangono essenzialmente separate ma la lingua è sempre una, profondamente intrisa d’afflato metafisico e carica d’una Sehnsucht emotiva e spirituale che la fa vibrare nelle sue corde più intime… e seguendo questo approdo, anche la sintassi -rispetto ai romanzi precedenti- si fa più tersa, più armonicamente modellata e fluida, più interiormente tornita, abbandonando le asperità e i dissidi lessicali (le disarmonie, quasi) delle parti precedenti.

Il concetto di liricità che domina in queste pagine è quello d’un’apertura totale alla pienezza dell’esistenza e della vita, alla pienezza della parola che, pur nascendo da un’abissale mancanza (“O Wort, du Wort, das mir fehlt!”, invoca Mosè nel Moses und Aaron di Schoenberg), della Totalità si fa guscio spaccato, riflesso infinito.

Per questo posso tranquillamente affermare che quella della Liuzzo è una scrittura dell’entusiasmo, intendendo la parola nel senso etimologico del termine, quello di essere ἐν τῇ τοῦ θεοῦ οὐσίᾳ (nell’essenza divina, ossia nell’essenza del sacro).

Tutte le mitologie e i simbolismi usati in questa narrazione, che spaziano tra i più svariati ambiti, sono proprio il riverbero di questoapeiron, dello sconfinare continuo della visione in un infinito altrove di luce, l’alterità dell’Oltre.

È in questa dialettica v’è anche l’elaborazione d’un lutto, una densità di pensiero che si amplifica a tal punto da rendere la figura di Mary quasi un’inversa Peri.

 

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