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MARIA TERESA LIUZZO E IL LIBRO ‘GENESIS’

CRITICA A ”GENESIS” (POESIE)

DI MARIA TERESA LIUZZO – Pag. 363 A.G.A.R. Ed. Reggio Calabria –

 

 

 

Prof. LUCIANO RECCHIUTI, Scrittore – Saggista – Critico Letterario,

 

 

 

 

Fondamentale il colloquio telefonico avuto con la dr.ssa Liuzzo, che in modo veramente non consueto ha contribuito ad aprire le porte che conducono alla ”giusta” lettura della sua ultima opera. La personalità dell’autrice si è subito manifestata qual è: estroversa, estroflessa quasi, verso il “suo”’ pubblico, affabile gentile, disponibile, pur nell’intimo pudore. Una voce suadente senza essere invadente, rispettosa di sé e degli altri. Il pacato suono delle parole ha creato un immediato feeling con l’interlocutore. In sintonia con lei e con la sua garbata conversazione, è giunto il confronto con la carta stampata. Non scoraggiato dal numero delle pagine, inconsueto per un libro di poesie: le composizioni sono poco più di sessanta. “GENESIS” è un libro consigliabile “a tutti”, ma non è “per tutti”. Mi spiego. Di fronte ai miei occhi di lettore attento e curioso rivivono i classici greci e romani, una ricca sintesi di classici stranieri a un passo della contemporaneità, e soprattutto accenti che derivano dal miglio uso della lingua moderna. Assemblare tutto ciò è esercizio quotidiano per la Liuzzo, ancor più evidente proseguendo nella lettura, fino alla fine del “corpus” poetico. Innanzitutto il titolo, “GENESIS”, che riporta ai salmi biblici (vagamente nascosti fra le righe, affinché subito li si individui).  Ma anche “inizio”, “principio” di tutte le scritture, di tutte le interpretazioni poetiche della realtà. Non intimorito neanche dalla versione inglese del grande PETER RUSSELL, (che arricchisce soavemente l’opera),  ma  anzi guidato  nel confronto fra i due testi, per una maggiore comprensione dell’uno e dell’altro, verso l’auspicata sintesi poetica. Ridondanti forse le introduzioni, prefazioni e postille che completano il tomo, che deviano leggermente l’attenzione su altro che non sia la poetica di chi scrive.  Fatta di principi chiari, moralità espressa, il riso e il pianto che al cinquanta per cento occupano lo spazio di ogni pagina, il rispetto del passato e l’apertura al moderno. Poesia che nasce dall’impulsività, dall’irrazionale, vanamente frenata dall’argine della ragione, dal timore di esporsi ” nuda ” all’occhio del lettore. E l’abbandono completo, invece, all’enfasi e al sentimento, anche negativo, caratteristica evidente che contraddistingue la ”vera poesia”. Il linguaggio è ricercato, ora aulico ora vagamente criptico nelle movenze, ma espresso con l’uso delle più ardite figure retoriche, e metafore che derivano dalla lettura dei migliori contemporanei.  Per sfociare naturalmente nella singolarità, nel particolare, nell’ “unicum” del poeta che padroneggia la lingua e i vocaboli che piega alla sua arte. Il confronto con la traduzione inglese è, in proposito, estremamente producente, data la diversità di accenti, sonorità metrica. Come dimenticare le ”trottole – effimere”, ”la finta pace del sonno”, ”i monili beffardi”, ”le spighe marginali”, d’albe defunte” dipinte dalla Liuzzo, e così via ad libitum. La sintesi, dicevo, è una silloge che si nutre ed estroflette l’essenza dell’autrice, testamento spirituale (non ultimo) della sua “ars poetica”, espressione del suo animo forte e al tempo stesso così cedevole in alcuni momenti di languore e abbandono. Pudica ma non restìa, sentimentale ma non scontata, languida ma non sdolcinata, sempre razionalmente presente e modernamente coraggiosa nello scoprirsi e nel lanciare moniti appassionati, frutto maturo di un “Io”’ consapevole e condivisibile. Libro “non per tutti”, dicevo, e quanto detto sinora ha spiegato il perché. Poco meno efficace quando spiega le emozioni sui temi meno introspettivi e più d’attualità (la crudeltà della guerra, la Cecenia, Israele, il Ruanda, la disperazione degli adolescenti e dei derelitti ), solo perché excursus forse non usuale, appena fuori dalle vibranti note del coro ammirevole che tali tematiche invece circonda. ” Poesia Alta” avrebbe chiosato simpaticamente il caro Giammario Sgattoni, poeta e critico teramano, la cui recente scomparsa lascia un vuoto incolmabile. Come non far mio il ”suo” sicuro e autorevole giudizio, per me suo ammirato allievo? Apprezzabile e volitiva, Maria Teresa, per il calore fluido e incisivo che hai lasciato scorresse fra le pagine del tuo libro.

Ad Maiora!

 

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