Maria Teresa Liuzzo: RACCONTO DI NATALE
GRAZIE, MILO: DEDICA AL MIO CANE
Esistono nella vita di ciascun uomo, forse, momenti i quali – a causa di eventi imprevisti e sfavorevoli, che cancellano le certezze, che avevano fino ad allora informato la propria esistenza – modificano i rapporti con gli altri, anche dei familiari e ci si accorge che neppure i legami ritenuti più saldi, gli affetti più forti, anche quelli che uniscono i membri della stessa famiglia, non soltanto non giovano a lenire le conseguenze, dei citati eventi, ma creano un clima avverso nei confronti della vittima, che li ha subiti, e che quasi deve giustificarsi e scusarsene. In una situazione simile mi trovai alcun tempo addietro, quando, per una sfortunata caduta, subii una frattura scomposta all’omero, due interventi e diverse ammaccature, insieme con una conseguente tendinite, non ancora risolta. Nei momenti di maggiore disagio, si instaurò un clima particolare e spiacevole, per il quale io mi sentii, forse a torto, infelice e inutile: mi sembrava che tutti mi considerassero come se io fossi colpevole di ciò che era accaduto e mal sopportassero di non essere serviti alla stessa maniera di prima dell’incidente (cioè con abnegazione assoluta, con cura oltre l’ordinario, con la puntualità e l’amore che una madre di famiglia, istintivamente pone nel suo atteggiamento verso i figli), sebbene io mi adoperassi alla stessa maniera, affrontando notevoli ostacoli. Tale mia convinzione era forse dettata da un mio particolare stato d’animo; forse interpretavo in maniera non ortodossa gli atteggiamenti degli altri, ma tant’è, quella era la mia convinzione e tale permane anche a distanza di alcuni anni. Vicino a me, però, a non farmi sentire sola e con la sensazione dell’abbandono, c’era Milo, che ora, lo penso, e lo pensai nei momenti di crisi più nera, era entrato nella mia vita a consolarmi, a farmi capire che l’amore assoluto e disinteressato esiste ma, che non è, purtroppo, quello degli uomini, quello di Milo, del mio cane (che arrivò nella mia famiglia come un batuffolo bianco e tenero di ovatta e che ora è un torello, pur conservando la stessa vivacità, allegria, capacità di esprimere il proprio attaccamento). Questa impagabile creatura, nei giorni di maggiore sofferenza, non si spostò mai da me, mi seguì ovunque io andassi, mi si accovacciò vicino, guardandomi con occhi che sembravano voler condividere la mia sofferenza, in attesa di un mio miglioramento e contento soltanto quando mi rivolgevo a lui con parole tenere e tendevo la mano per accarezzarlo. Quando tardavo a volgere a lui la mia attenzione, mi richiamava con flebili, insistenti guaiti, o strofinava il muso sulla mia gamba. Milo era giunto nella mia famiglia, dopo essere stato salvato da una morte sicura sulla strada, da mia figlia: sembrava uno scricciolo implume, denutrito e tremante, tutto occhi ed orecchi e in condizioni igieniche che lascio immaginare. Il suo arrivo creò un certo scompiglio in casa: dovemmo procurargli uno spazio tutto per lui e un giaciglio, evitare che la sua presenza e l’espletamento delle sue funzioni fisiologiche, contaminassero gli ambienti e, soprattutto, non causassero le lamentele del condominio. Milo sembrò avere una particolare predilezione a rosicchiare le gambe delle sedie e del tavolo, ad affilare le unghie, rigando i mobili. Né punizioni, però, né rimproveri, fecero sì che Milo modificasse il suo slancio d’affetto e d’amore nei miei confronti. Quando volgeva a me lo sguardo, gli occhietti dolci, umidi e tristi, sembravano esprimere sentimenti sublimi e di sensibile umanità. Il suo sguardo silente, nei momenti della mia sofferenza, rifletteva la condizione del dolore: compresi allora l’eccezionalità di questa creatura. Ma anche in seguito e tuttora, Milo si rivela come uno scrigno di vitalità, di gioia di vivere, di amore che, come i bambini, prima che perdano l’innocenza e il loro slancio d’amore venga disperso dalla stessa vita, è totale e incondizionato. E’geloso, Milo, quando volgo l’attenzione ai miei figli, quando rivolgo loro parole affettuose, quando li abbraccio: appare agitato, mi guarda e si agita, si rivolge a me con lo sguardo corrucciato e dolente e si calma soltanto quando lo accarezzo e gli indirizzo parole affettuose e tenere. Il suo atteggiamento, talvolta, muove al riso, ed è quando non sa cosa fare per attrarre la mia attenzione e va saltando e correndo per la casa e sembra un Don Chisciotte che combatte contro i mulini a vento. E’ aristocratico, Milo, ed ha un certo gusto estetico e raffinato. Ama inoltre le comodità. Pretende la pulizia accurata; per sdraiarsi predilige i tappeti a colori vivaci, sui quali si mette in posa, come per farsi fotografare o per essere ritratto. Con ciascuno di noi ha un atteggiamento diverso, ma sempre affettuoso. Conosce gli orari di uscita e di rientro a casa di ciascuno di noi e ci attende davanti all’uscio, questo cucciolo di Labrador, colore del miele. Adora i balconi lunghi e larghi, attraverso i quali può correre e saltare; osserva le partenze degli aerei (la nostra casa è sita vicino all’aeroporto del quale godiamo un’ampia vista) e gli automezzi che sfrecciano sull’autostrada. Lo incuriosiscono gli uccelli che sostano sulla ringhiera del balcone o che piluccano il cibo sul pavimento: egli li lascia fare e sembra contento del loro nutrirsi. E’ singolare, questo cane, che ama la musica, quella classica specialmente e sembra ascoltare attento, traendone gradimento, le romanze: allarga gli orecchi, scodinzola, muove il capo, come per non farsi sfuggire alcuna nota, alcuna particolare vibrazione. Non conosce la catena, Milo, perché è dolce e mansueto e non sopporta neppure il collare, del quale si libera continuamente, ma sa fare buona guardia. Ha gusti particolari: non mangia carne cruda, ma la preferisce cotta e gustosa, ama i latticini, la zuppa di latte con biscotti, i dolci, la frutta fresca e sbucciata, ma anche le minestre e la pasta asciutta: è, insomma, un buongustaio. Quando è l’ora della colazione o del pranzo, si avvicina alla ciotola e con un insistente, seppure tenue abbaiare, desta la nostra attenzione. Ed è anche discreto, ha pudore talvolta del proprio malessere: ricordo che un giorno, dopo essersi procurato una ferita alla zampa, sollecitò la mia attenzione e me la indicò, ma lontano dagli altri, come se ciò costituisse un segreto fra me e lui. Lo attraggono particolarmente gli odori, le fragranze, i profumi che si espandono durante il tempo che dedico alla preparazione del cibo: osserva a distanza e sembra pregustare la prelibatezza della parte che gli sarà riservata, proprio come un bambino, cui è stata promessa una leccornia. Gradisce particolarmente il pollo con i peperoni ed ha sempre rifiutato il cibo in scatola. Non soltanto, però, questa bestiola, è singolare per i gusti culinari, ma sembra provveduto di una particolare sensibilità (probabilmente, a quanto se ne sente parlare, comune a tutti i cani): intuisce lo stato d’animo di tutti noi, il significato di un sorriso, un atteggiamento ipocrita. E’ particolare il suo legame con la casa e con ciascuno di noi, nel senso che ha bisogno del nostro calore umano e mal si adatta ad esserne privato. Ricordo un episodio che conferma ciò che ho affermato: in una certa occasione, per qualche motivo che ora non riesco a rammentare, gli feci trascorrere la notte nella sua cuccia che è sistemata sul balcone. Malgrado piovesse, il nostro Milo attese l’alba con il muso attaccato alla porta a vetri della cucina, sopportando su di sé la pioggia impetuosa, che il Buon Dio, aveva fatto cadere. Si era ridotto in condizioni pietose e dovetti asciugarlo e farlo riscaldare vicino alla stufa, perché si potesse in qualche maniera riprendere. Da allora, specialmente durante i periodi di freddo intenso (ma, in realtà quasi sempre) trascorre la notte in casa, su un morbido materassino e ben coperto. D’estate, preferisce stare sul balcone e il suo sguardo appare rivolto verso le stelle, verso quelle luci palpitanti e intermittenti e sembra assorto in chissà quali meditazioni, come un filosofo. Per il resto, sembra essere mosso da impulsi di gelosia quando la nostra attenzione su altri suoi simili o quando spazzoliamo pupazzi di animali e di cani: crede forse che gli sottraiamo l’affetto che desidera tutto per sé. Se è vero che appare legato a tutta la famiglia, è certo però che con me ha un rapporto privilegiato, pretende ogni attenzione e ogni cura, ogni espressione di affetto che ricambia appassionatamente. In questo senso Milo mi ha dato e continua a dare più di quanto si possa credere ed è una presenza viva e attenta, un’espressione di amore assoluto, quell’amore forse che può sacrificare senza indugio la propria vita. Tanti uomini, in particolare, avrebbero bisogno di prendere esempio da una creatura come Milo, per poter dare l’amore che spesso negano, con l’ottusità dell’egoismo, con la chiusura in se stessi. Tale creatura mi è sempre vicina: quando leggo o scrivo, quando attendo alle faccende domestiche, quando riposo e soffre particolarmente la mia assenza da casa, anche brevissima. Quando ciò accade, mi attende accovacciato davanti alla porta e si scatena con salti e corse sfrenate di gioia, al mio ritorno: mi assale affettuosamente, mi abbraccia alzandosi sulle zampe posteriori, tentando di baciarmi. Non potrei immaginare la mia vita senza questa dolce, impagabile creatura. Anche se la cura di essa comporta disagi, l’amore che dà li supera di gran lunga e finisce con il costituire un benessere, anche fisico, perché distende e neutralizza le tensioni che si accumulano durante il giorno e quello ineffabile dell’anima. Mentre scrivo, sono i giorni che precedono il Santo Natale e Milo è attratto dal presepe, dall’albero con le sue luci multicolori e intermittenti; egli ne osserva affascinato la danza e appare sconcertato dall’alternanza di luci e ombre e ascolta le nenie e i canti, i suoni riprodotti dai cd che noi azioniamo ed io lo osservo, intenerita e pensosa. Rifletto sul tempo che scorre e passa oltre noi irreparabilmente: o, forse, no ed è solo un modo di pensare ad esso o una semplice espressione verbale o un moto della mente, chissà… Il tempo, forse, è sempre lo stesso, immutabile e fermo, con le sue sfaccettature e accompagna i desideri, gli slanci ed i sogni degli uomini ed anche le disillusioni e gli inganni, i drammi e le tragedie, le follie… E plasma gli esseri umani, che sono come gli alberi, che acquistano, fronde, gemme, fiori e frutti e che poi rimangono spogli, ma per rinnovarsi e rinnovare il dramma dell’esistenza. Ma creature come Milo, aprono il cuore alla speranza, ti fanno capire che l’umanità è fatta anche di amore e di comprensione, di condivisione ed è costituita da popoli diversi e lontani, ma tutti accumunati dall’appartenere alla stessa specie la cui connotazione fondamentale è l’amore. A giorni brinderemo al Natale (e Milo sarà con noi e parte di noi), esalteremo la gioia che nasce dal dolore, ci tenderemo verso il nuovo anno, con la speranza di una pace che appare lontana (ma non dispereremo!).
Milo è accovacciato accanto a me e io rifletto che, forse, questa sera è giunta troppo in fretta, ma s’accende la prima stella: brilla tanto da sembrare un sole, lontanissimo. Il cuore, ora, festeggia la sua solitudine, subito la cancella, per nuova gioia o per speranza di nuova gioia, per acque nuove e piante rigogliose che annullino il deserto ed appare sereno, palpitante e vivo. Miluccio è qui, col viso appoggiato sul mio braccio ed è soffice e leggero, come un fiocco di neve, una nuvoletta bianca di ovatta e caldo, come questo Natale, come tante parole che tardano ad arrivare, ma che poi colmano l’anima d’ineffabile felicità.