Maria Teresa Liuzzo e la passione per la scrittura in La luce del ritorno
Maria Teresa Liuzzo e la passione per la scrittura in La luce del ritorno romanzo di trascendenza esistenziale per un futuro etico e di bellezza tra psicologia, antropologia e arte.
di Pasquale Montalto
Ci sono persone e libri di valore che si incontrano, se ne intuisce la ricchezza, ma poi distrattamente non ricevono seguito immediato e ne viene rimandatala lettura e l’incontro, mai però si dimenticano e subito rispondono al minimo richiamo di (ri-)sintonizzazione. Nel frattempo passano anche anni nell’attesa di un riscontro, fosse pure una breve nota sulla ricca attività di scrittura; ma nell’azione di un legame sotterraneo si continuano a leggere e meditare i libri posti in bella vista e a portata di mano, che spesso si riprendono in (ri-)lettura per riscontri e approfondimenti nella riflessione mentale che costruisce idee e pensieri successivi; si legge anche altro, articoli, recensioni, riviste, e si risponde alle telefonate d’amicizia, al fine di conoscere di più e mettere sempre meglio a fuoco la scrittura e la persona dell’Autore/Autrice.
All’improvviso, ad un certo punto, s’avverte poi che qualcosa inizia veramente a muoversi e una voce interna comincia a parlare: è la voce stimolata e alimentata dalla lettura di quei libri, di quegli incontri a lungo rimandati a sfondo artistico culturale e di valoriale bellezza esistenziale rimasti a lungo nel silenzio, e che puntuali, mi conosco è ormai prassi consolidata nella metodica dell’ascoltarmi, poi si presentano in tutto il loro impeto e splendore. Ed è un segnale, un momento, un punto importante, un frammento di spazio pensato che si riempie di realtà testuali al di là dell’urgenza del tempo che spinge; e che poi diventa altro e veste altri panni e si connota nella contingenza del vivere, continuando a nutrirsi di silenzi e di lentezza, finché non arriva la svolta, un punto d’esplosione che aggancia il bisogno comunicativo relazionale e che, caldeggiato dall’azione continua della sospensione d’ogni giudizio, nell’immediatezza diventa urgenza dell’Io, rispecchiamento tra scrittore-scrittrice e lettore, di rendersi presente, entrando di getto nella zona privilegiata di rottura dell’ascolto per rispondere allo scambio della condivisione e della reciprocità: fertile terreno, specifico ritaglio spaziotemporale del dialettico confronto delle idee organizzate dalla critica letteraria, nella certezza che nulla della fiducia accordata e della sincerità della costruzione dell’amicizia andrà mai smarrito.
Il mio incontro con Maria Teresa Liuzzo e la sua creatura Le Muse bimestrale di arte e cultura, giunto al XXIV anno d’attività, tra prosa e scrittura poetica, è una conoscenza d’interesse per le lettere verso l’amicizia che ormai data il tempo da Eutanasia d’utopia, Jason Ed.ce,1977, a Danza la notte nelle tue pupille, RC 2022, fino ai suoi ultimi romanzi ( significativa rimane la trilogia: E adesso parlo!, Non dirmi che ho amato il vento!, L’ombra affamata della madre, editi negli anni 2019-2022); e del tempo non teme né la corrosione disgregante e i possibili cedimenti di rotture, né il facile gioco di una certa convenienza passeggera, superficiale e fagocitante, perché al loro posto perdura e mantiene salda e integra la forza e la sincerità del confronto e dello scambio d’amicizia costruita, nonostante le lunghe pause e silenzi colmi di presenza curiosa e a volte imprecisa.
Il senso del nostro incontro oggi s’arricchisce col riscontro di questo scritto che si sostanzia irrobustendosi nell’espressioni d’animo sollecitate dalla lettura meditativa del romanzo quarto della scrittrice LiuzzoLa luce del ritorno –Dopo tanto buio fuoco un’alba di luna– (AGAR Editrice, Reggio Calabria, giugno 2022), dove compare un’epigrafe di Charles Baudelaire (Parigi: 1821 – 1867) a corredo del titolo: Perché costringere il mio corpo a cambiare luogo, dal momento che la mia anima è così veloce a viaggiare? E che sollecita una riflessione fatta di risonanze e parallelismi dei vissuti e del dolore esistenziale e sociale narrato dalla scrittrice Liuzzo, ripercorrendo prevalentemente l’esistenza di Mary personaggio principale dei suoi romanzi, e gli stati d’umore varianti descritti da Baudelaire, autore travagliato e “maledetto” de I fiori del male e altre opere che testimoniano l’azione di un’inquietudine e travaglio interiore che arriva fino ai nostri giorni, in una visione pessimistica del malessere di vivere; stato d’animo affrontato da Baudelaire soprattutto in Lo spleen di Parigi (1869) come condizione per sfuggire alla noia del tempo che passa e alla sua malinconia, l’insoddisfazione del vivere; l’amaro che affiora sempre più come conclusione morale dell’impossibilità di sfuggire al tempo e alla morte, che rimangono i peggiori nemici.
Ecco come Baudelaire si esprime nel secondo racconto La disperazione della vecchia de Lo Spleen, allorché essa-vecchia cerca di contattare facendo moine l’energia festosa di un bambino che invece rimane spaventato dal suo tentativo di abbracciarlo: La brava vecchia si ritirò nella sua eterna solitudine; e piangendo in un angolo diceva fra sé: “Ah, per noi vecchie femmine sventurate è passata l’età in cui piacere. Anche ai bambini innocenti che vorremmo amare, facciamo orrore!”; così anche nel racconto successivo Il confiteor dell’artista lo scrittore si chiede: Si deve eternamente soffrire, o fuggire eternamente il bello? O natura, incantatrice spietata, rivale invincibile, lasciami! Smetti di tentare i miei desideri e il mio orgoglio! Lo studio della bellezza è un duello in cui l’artista grida di sgomento, prima di essere vinto.
C’è l’esaltazione dell’inutilità dell’impegno nel cercare di sottrarsi alla noia malinconica del vivere, rimanendo abbarbicati attorno al sentimento negativo di un “male oscuro”. Noi oggi sappiamo, accogliendo gli studi della moderna scienza psicologica e psichiatrica, che la depressione non è più l’incomprensibile male oscuro dell’anima, bensì una malattia con un preciso decorso, che si può curare e dal quale si può uscire con adeguata terapia farmacologica e psicoterapeutica. Utile risulta il riferimento alla nota opera di Giovanni Cassano E parlaci del male oscuro (Longanesi, 1993), intervistato dalla giornalista Serena Zoli.
Altre sollecitazioni critiche per avere migliore comprensione del perché La luce del ritorno e del perché Dopo tanto buio fuoco un’alba di luna, libro quarto, lungo e complesso romanzo in divenire della scrittrice Maria Teresa Liuzzo, per superare e andare oltre la crisi del malessere caratterizzata da “umore nero” lamentata da C. Baudelaire, e per dare maggiore credito alla vivacità e certezza della capacità di trascendenza dell’uomo, verranno con l’inizio del novecento attraverso la corrente dell’esistenzialismo, nel risvolto evolutivo ricercato da Jean-Paul Sartre (1905-1980); anch’egli indirizzato come Baudelaire all’affannosa ricerca della migliore e più adeguata risposta da dare alla sofferenza dell’uomo dinanzi ad un mondo sconosciuto e che gli mette paura.
Sartre accentua la dimensione della libertà come spinta valoriale idonea a riempire le sensazioni devastanti e sgradevoli del vuoto dell’esistere, ma che purtroppo nella direzione da lui proposta rimarrà senza concrete prospettive; anzi la tensione continua della libertà si rivelerà imprigionante per l’uomo (che così facendo è come se fosse in fuga da sé stesso) condannandolo alla spinta continua del dover essere libero, nella coscienza dell’impossibilità di Essere sé stesso, perché la libertà non raggiunge lo scopo prefissato di poterci Essere per sé, felice di incontrarsi col Me di sé stesso; per cui rimane l’affannosa e continua ricerca di una libertà che lo condanna all’imperativo di dover essere libero per sfuggire al senso di nullità e di vuoto, senza aver conseguito la coscienza della presenza del suo esser-ci nel “qui e ora” (hic et nunc), per come Sartre riflette in: La Nausea (1938), Il Muro (1939), L’Essere e il Nulla (1943), con l’evidenziazione di una mancanza di prospettive finali.
Sempre nell’ottica di dare e trovare più senso sia alla dimensione della sofferenza e del dolore, sia all’aggressività e alla violenza che gratuitamente e senza apparenti motivi a volte tragicamente si scatena nell’interiorità e nella relazionalità affettivo-familiare e socio-culturale dell’uomo, e che in quanto tali possano avvicinarci con maggiore comprensione alla storia complessiva attraversata nell’evoluzione della vita di Mary, protagonista prioritaria e sostanziale delle vicende narrate nei romanzi della Liuzzo, con i risvolti trascendenti e mitico-simbolici espressi dalla scrittrice nell’affannosa e serrata ricerca di rispecchiamento interiore al fine di ottenere risposte più ferme e certe nell’affrontare il vortice del disequilibrio del vivere, più vicina e stabile certezza agli orientamenti letterari liuzziani sembra possa arrivare dalla posizione fenomenologico esistenziale di Ludwig Binswanger (1881-1966), parallelamente con le intuizioni teorico-cliniche di Sigmund Freud (1856-1939) sulla parte irrazionale e inconscia dell’uomo, che valgono di certo a gettare maggiore luce sul funzionamento della mente creativa d’ogni scrittore-poeta e artista.
Benché alla data odierna ancora insufficiente si presenta la conoscenza conseguita dalle scienze neurobiologiche e antropo-psico-sociologiche, fino agli studi e ricerche della più moderna casistica in ambito socio-psicologico, antropologico-letterario-psicoanalitico e artistico creativo, che di certo non rendono giustizia al doloroso travaglio del malessere interiore che continua ad attanagliare la vita dell’essere umano; negli sguardi positivi della contemporaneità del XXI secolo un interessante punto di svolta, quello di un’analisi dialettica per un incontro interdisciplinare, a me sembra una delle migliori angolazioni attraverso la quale approcciarsi alla lettura dei romanzi di M. T. Liuzzo, che permette di cogliere più sostanzialmente sia il virgolato sul frontespizio d’avvio del libro in discussione, sia il sottotitolo Dopo tanto buio fuoco un’alba di luna.
Certamente le nuove conoscenze dell’elaborazione analitica e interpretativa dell’inconscio, aiutano a non cadere vittime dei movimenti interni dello spirito inquieto dell’animo umano, privilegiando la maggiore chiarezza che arriva dall’intreccio armonico tra letteratura e psicoanalisi, scienza e conoscenza del funzionamento mentale e dell’esplicarsi delle capacità intellettive e in particolare volontà e intelligenza agita dall’Essere umano, con gli esiti positivi conseguiti in ambito scientifico ed etno-antropologico, fondamentali per meglio comprendere gli stati d’animo, umori e sentimenti che continuano a mettere in subbuglio l’animo e lo spirito di scrittori, poeti e filosofi, così tipici nella scrittura di M. T. Liuzzo.
In questa prospettiva, riguardo ai risvolti di anomia sociale insita nella ferocia irrazionale e incapacità gestionale del mondo conscio e inconscio dell’uomo ovunque si esprima, da parte della scrittrice Liuzzo entra in gioco la sua forte volontà e determinazione di rintracciare dati fiabeschi e mitico-simbolici, attivatori di fertile fantasia che permettano di andare oltre e vincere sul negativismo esistenziale, per dare spazio alla spontaneità naturale e vera dell’umana condizione in connessione col mondo paesaggistico e naturalistico, da cui, nella più recente narrativa poetica della scrittrice, prende forza la forma letteraria della fiducia e della speranza nella capacità d’ogni persona e collettività di ricostruzione di un futuro nuovo, dove La luce del ritorno, che interessa anzitutto l’azione mentale e comportamentale della protagonista Mary-Mia, la scrittrice la evoca con le seguenti parole: Sentivo il tuo bacio posarsi su di me come un fresco giglio, toccarmi l’anima, e l’universo della mia coscienza attraversare (…) Dopo l’umiliazione, al risveglio, a stento gli occhi cercavano sollievo e calma nel verziere. Io cercavo me stessa. Scacciavo i morsi della solitudine, pg 77.
A queste pacate e sentite parole dell’Autrice, lontane da ogni visione tragica della vita, fanno eco le puntuali note d’approfondimento offerte nella postfazione dallo studioso Mauro D’Castelli, che dicono: Le tante filastrocche che delimitano la compartimentazione di questa cellula vivente che è il romanzo, e che fanno spazio al lato poetico di M.T. Liuzzo, poi, sono da leggersi come un lungo respiro di liberazione, una pausa nella corrente della vita e della storia. La gemella di Mary, cantando queste filastrocche rivive di vita propria, riè un po’ Mia e un po’ Mary stessa con scioltezza, armonia sonora, e misteriosa per carisma, pg 152.
Una scrittura questa di M. T. Liuzzo che ben interpreta le ragioni profonde della modernità di riuscire a riempire il vuoto dell’anima e trovare strade di speranza con l’aiuto della letteratura attraverso personaggi e situazioni d’incontro reali e surreali che delineano la proposta liuzziana di un risvolto inedito al giogo dell’istinto mortale e necrofilo preconizzato dall’elaborazione di Freud e Fromm, che oltrepassino le fosche nebbie del soggettivismo e del narcisismo e altri estremismi poggiati su esasperati relativismi dell’egoità psichica: istanze con le quali tutti noi oggi continuiamo a dover fare i conti. Le nuove coordinate umanistiche avanzate in quest’opera, fattura recente della scrittura della Liuzzo, fanno intuire e spingono verso una migliore comprensione dell’esigenza umana di poter vivere tutta la ricchezza e bellezza del creato, traducendola in esperienza del vivere artisticamente e poeticamente la quotidianità della vita con la guida di valori che diano un senso pieno e uno scopo al nostro vivere. E questo è un bellissimo approdo di recupero antropologico esistenziale e d’amplificazione della dimensione spirituale dove la Liuzzo non ha timore di spingere la propria analisi con la scrittura del romanzo, fino ad arrivare a nuclei complessi di sofferenza nascosta nelle pieghe recondite del corpo e dell’anima d’ogni persona, anzitutto quella della stessa Autrice che poi riversa nel tempo traslato e trascendente dell’ispirazione letteraria, anche della metafisica dello spirito, comunque protesa a cogliere e accogliere e capire le ragioni profonde di ogni vita, anche di quella condotta diciamo in modo alternativo rispetto a quella dei suoi contemporanei.
Ecco allora che nello specifico letterario dei romanzi di M. T. Liuzzo la scrittura contiene quest’elemento di distinzione, come esigenza di darsi scopi e impegni valoriali rispetto all’inedia del vuoto e al ricorrente vittimismo, alla piaga passiva del conformismo e dell’inattivismo espresso dinanzi a situazioni problematiche che richiedono invece forti risposte e decisioni, non il disimpegno della solita scrollatina di spalle che caratterizzano molti comportamenti dell’agire comune, dove le situazioni rimangono senza risposte e che ancor oggi avvolgono di povertà propositiva e trasformativa una stragrande maggioranza della vita delle persone, soprattutto nel Meridione e in Calabria in particolare.
Questi temi, grazie alla fantasia creativa e originale espressa dai romanzi di M.T. Liuzzo, respirano ed offrono una prospettiva di speranza che è di recupero inclusivo della dimensione positiva e personalistica dell’uomo, focalizzata a costruire il tracciato progettuale dello scopo del vivere, nell’impegno d’impianto di sempre nuove identità da costruire e donarsi, che sostanzialmente si originano dagli sforzi di un sofferto lavoro interno e d’ambientazione esterna, per come poi si connota il lavorio continuo e costante dell’artista artigiano nel momento in cui crea e del coinvolgimento scritturale di poeti e scrittori, impegnati a modellare la materia della loro stessa vita, sulla quale imprimere la forza del cambiamento nell’arte finale di potersi dare un’anima immortale. In questa direzione la Liuzzo ha già offerto importanti contributi e continua ad impegnarsi con la diffusione culturale di saggi e narrazioni, opere romanzate e scambi d’operatrice socio-culturale di rilevanza sovranazionale e internazionale, sempre guidata dalla sincerità del proprio cuore che nella realtà dei fatti quotidiani riattraversa con precisi riscontri sia la vita dell’Autrice che i contenuti dei suoi romanzi. Piacevolmente e nella correttezza del lecito chiediamo allora alla scrittrice Liuzzo: cos’altro dobbiamo aspettarci dalla sua capacità di trascendimento che scorre parallela alla vita travagliata e trasfigurata del personaggio Mary-Mia? Quale ulteriore messaggio romanzato arriverà dalla sua penna per continuare a vincere e trascendere il male? Come indirizzare l’enorme energia mitica e simbolica che si smuove allorché si vuole realizzare la favola esistenziale della bellezza del vivere?
Queste note interrogative e di reciprocità d’intenti artistico-letterari mi permettono di avanzareuna personale visione su La Persona e L’Autrice Maria Teresa Liuzzo: anzitutto è per come appare una donna dalle mille risorse, generosa e dal grande animo, autenticamente innamorata della cultura poetica e letteraria, dell’antropologia psicologica e mitico favolistica,per come trasmette nella sua scrittura con parole di forte pathos, con ambientazioni partecipate e coinvolgenti, e svelamento di sempre nuovi e originali lati ignoti dei personaggi che agiscono e approfondiscono tanti degli aspetti esistenziali a lei cari, come il legame tra madre e figli fin dal momentod’avvio negli stadi intrauterini e per tutto l’arco della vita; lo sviluppo d’ogni sua narrazione considera pure aspetti d’impegno empatico e di rinnovamento sociale improntati al cambiamento a partire da proposte per una nuova costruzione sociale e di organizzazione umanitaria maggiormente poggiata su finalità etiche, nella risultanza di una scrittura sorretta dall’amore che si sviluppa dall’impegno di coppia e dalla famiglia, oltre che dall’amore dei luoghi nei quali radica la sua esistenza, sempre proiettata in avanti con la carica umana dell’accoglienza, per proporsi come sviluppatrice di speranza da perseguire con coraggio e resilienza nel serrato confronto d’idee e pensiero, mente e spirito, negli spazi operativi delle sempre nuove proposte d’incontro tra i contenuti della sua scrittura e quelli che nella socialità della cultura elevata calorosamente arrivano dalla spontanea partecipazione dei suoilettori, estimatori, cultori delle sue opere.
*Pasquale MONTALTO
* Pasquale Montalto (Acri–CS-1954), poeta, narratore e saggista. Presso l’Università degli Studi La Sapienza di Roma si è Laureato in Psicologia Clinica e Sociologia, conseguendo poi il Perfezionamento in Fondamenti di Didattica e Didattica Sperimentale, oltre che in Sessuologia e Ginecologia Psicosomatica presso l’Ospedale Cristo Re di Roma. Specializzato in Psicoterapia Analitica Esistenziale Individuale e di Gruppo, presso la SUR-IPAE di Roma-Cosenza. Cultore e docente di materie pedagogiche, psicologiche, sociologiche e antropologiche, ha lavorato come Psicologo Psicoterapeuta presso un Servizio pubblico di Equipe Psico-socio-pedagogico e di Neuropsichiatria infantile dell’ASP di Cosenza. Ha edito più di venti libri di poesia, uno di narrativa e due di saggistica. Altre opere inedite attendono d’essere pubblicate.