MARIA TERESA LIUZZO: GENESIS
PREFAZIONE E TRADUZIONE CON TESTO A FRONTE DI PETER RUSSELL
LA VOCE DI MARIA TERESA LIUZZO SI COLLOCA FRA LE PIU’ ALTE E INTERESSANTI DELLA LIRICA CONTEMPORANEA, PER VARIETA’ DI CONTENUTI E SCELTA DI REGISTRI ESPRESSIVI; UNA LIRICA CHE RIFUGGE ”LA PANCA NEOTERICA”, GLI STECCATI DELLA MEDIOCRITA’: ”IN ESSA IL SENSO / SI FA SENTIMENTO / NELL’IMMAGINE DEL PENSIERO” (H. HOLBORN).
di ARMANDO SANTINATO (Poeta – Scrittore – Saggista)
”GENESIS” è una delle tante raccolte di liriche della poetessa Maria Teresa Liuzzo: un canto che si dispiega nell’incanto della natura e i sensi del cuore. Poesia, fatta di vibrazioni e suggestioni, ”una voce poetica e profetica”, dice Peter Russell, nella prefazione. Una lezione di stile che nasce dalla vita, dalla storia, dalla quotidianità, e si fa portatrice di valori umani, cristiani e sociali, vissuto nel dissidio del nostro faticoso andare:
”E’ una guerra la vita: / e brandiscono i più / la lama del massacro / dove nata io sono / obiettrice di coscienza; / dove giustizia / impone alla difesa / arma tagliente” (pag. 150). Il conflitto fra bene e male, gioia e dolore, vita e morte, non perviene mai ad una sintesi quietante, bensì resta come tormento nella nostra coscienza: ”Non fuggirò il mio castigo: / bene conosco / la miniera della lama / e lotterò per vivere / dove tutto è rovina” (pag. 136). Realtà ”magmatica e problematica”, quella di Maria Teresa Liuzzo che irrompe nello stile dardeggiante della metafora e dell’ispirazione, per divenire fantasma nei meandri dello spirito: ”ci percuote il tormento / come vento di rondini / e d’amore / dove la mente è orizzonte / fasciato di nubi” (pag. 198).
L’uomo, artefice e vittima dell’imperscrutabile destino, compare e dispare fra ”croci”, ”lacrimae rerum”, ”velluti di spine”, nella ”corteccia dell’esistere”: ogni poesia di Maria Teresa Liuzzo, dice Peter Russell, ”è scritta in prima persona per le immagini che sovrastano la sua psiche, la sua spiritualità: immagini relative ad eventi vissuti”:
”Ora / solo braccia distinguo / nel pellegrinaggio del caos / umano, nell’etere in fiore” (pag. 158).
La trama di ogni lirica riproduce il percorso del cuore, rivive le emozioni che dettano le ”cose”, i fatti del vivere quotidiano. Il sentimento che tutto muove porta il sapore di antiche radici, l’incenso di una religiosità profonda, avulsa da contaminazioni dogmatiche, dove possono convivere l’ateo incallito ed il fidente francescano:
”levatevi la ”toga” / ”arcieri pagani” / dell’ignoto tempio, / che colore ha degli abissi / e d’altre vanità è legame, / che tutto capovolge / il moto della cenere / e ci mortifica l’accusa / d’ogni fine!” (pag. 150).
La voce di Maria Teresa Liuzzo si colloca fra le più alte ed interessanti della lirica contemporanea, per varietà di contenuti e scelta di registri espressivi; una lirica che rifugge ”la panca neoterica ”, gli steccati della mediocrità:
in essa, ”il senso” / si fa sentimento / nell’immagine del pensiero” (Hajo. Holborn). Nella sua ispirazione, trovano posto gli ultimi, le persone oneste, sofferenti, lacerate dal bisogno, come l’umanità ”crocifissa” sull’altare della violenza.
Fatti di cronaca, echi di storia, voce dal profondo, cercano lembi di verità:
dove ”nessuno” / è nessuno / e tutti sono un mito / nella creta del bisogno” (pag.144). Nella raccolta, colpiscono, in particolare, avvenimenti tragici che la poetessa trasfigura in denuncia della storia, come la ”guerra in Cecenia”, in ”Ruanda”, le ”Vittime in Giappone” – Primavera 1995”.
Commossa e toccante l’attenzione, riservata a Yitzhak Rabin, simbolo di libertà e di pace: ”Israele / assapora ancora la morte / e piange l’eroico mito / della pace / dove l’enorme luce s’assottiglia / lungo la via del deserto / nel cranio fumoso dei giorni / tra angoscia e speranza” (pag. 210).
L’incontro con la realtà e la natura, in taluni momenti, sembra rivivere suggestioni di ”panismo betocchiano” e ”la realtà diventa trampolino del mistero”, vaso comunicante ”fra il mondo interiore e l’universo: ”Fatemi udire / il pianto della pietra / nell’etere vuoto / della terra” (pag.196).
Da siffatta ”empatia” si ridesta il dissidio fra ”natura benigna e natura matrigna”, fra ”micro e macrocosmo”, fra ”l’essere e il non essere”: ” – Simbolo – / è la morte del nulla / ed oltre genera atomi / d’utopia / nella macabra serra / del respiro” (pag. 172).
L’eco del Foscolo, del Leopardi, ma anche d’Ungaretti, di Montale, e di tanti d’onorata nominanza”, spunta nella corale liuzziana. Pure, ”la fatal quiete”, ”I sovrumani silenzi”, ”il porto sepolto”, ”il male di vivere”, in ”GENESIS”, rinvengono sempre ”un pertugio di luce ”, un ”baleno di speranza”, un’uscita di sicurezza dal ”pelago ignoto”:
”Lasciate / che libera vada / ai pascoli eterni / flagellato avete / anche l’ultima pena / crocifissa e perduta / alla tortu.