LIUZZO E LA SUA SPICCATA IPERSENSIBILITA’ DI ARTISTA COLTA E RAFFINATA
MARIA TERESA LIUZZO E LA SUA SPICCATA IPERSENSIBILITA’ DI ARTISTA COLTA E RAFFINATA
di FRANCESCO DE NAPOLI ( Poeta- Scrittore – Saggista e Critico letterario )
Maria Teresa Liuzzo. L’ombra non supera la luce. Poesie. Reggio Calabria, Edizioni A.G.A.R., 2006, pp.224.
Il titolo assegnato alla raccolta definisce subito la concezione positiva che dell’esistenza possiede e dichiara l’autrice, con motivazioni aperte e decise. L’intera opera si svolge, a mio avviso, su due piani paralleli volti a confrontarsi in maniera speculare: da un lato, Maria Teresa Liuzzo fa costantemente ricorso ad espressioni che ritraggono il netto contrasto esistente tra ordinari e palesi fenomeni del micro e macrocosmo della natura quali luce e ombra, chiarore e oscurità, dì e notte; dall’altro, queste persistenti ambivalenze costituiscono solo degli apparenti, marginali indizi, che toccano nell’intimo ciascun essere vivente e l’intero universo. E sono davvero tante le rappresentazioni e visioni offerte alla complicità del lettore. Non di rado si tratta di tentazioni di stampo dionisiaco – luciferino, le quali stimolano in diverse guise e circostanze l’autrice, coinvolgendola in una bramosia istintiva che potrebbe spingerla a compiere il grande ”salto” in direzione dell’ignoto, azzerando qualsiasi freno inibitorio o implicazione etica. Ma questo persistente desiderio, vera e propria smania di conoscenza, non oltrepassa mai la soglia – angelica e insieme mefistofelica – consentita, né diviene pretenzioso azzardo: Maria Teresa Liuzzo sembra ogni volta acquietata dalla più modesta e tangibile, seppur tenace, contemplazione della fisicità degli eventi, e particolarmente dall’eterna alternanza luce / ombra. Questo archetipo scontro assurge a simbolo ”metaforico ” carico di reconditi significati, ammonitori del rischio incombente su qualsiasi ulteriore analisi e riflessione. Potremmo parlare di un ”sensismo” che si colloca sul limitare misterico dove le linee, le forme e i colori confondono o placano la normale capacità Kantiana di ”appercezione empirica ”, rigenerandosi in un metamorfismo vago e indistinto che ridimenziona e, nel contempo, plasma il semplice dato materico. Rimane scoperta, tuttavia, come una ferita la radice di un’angosciosa ricerca consapevole della limitatezza del fenomeno, e che quindi aspirerebbe ad inseguire la sostanza del noùmeno, lontanissimo e avulso dal mero rapporto logico – dialettico -temporale proprio della circoscritta condizione umana. Leggiamo i versi seguenti: ” sentirsi radice dell’albero” , ” il mio corpo / ( … ) / fu corallo ed alga”, ”essere linfa e risalire / lungo i bui tunnel del tronco”, spume / di rive lontane, i tuoi occhi”. E’ noto che il noùmeno può essere appena vagheggiato ed idealizzato, giammai afferrato. Per questo, sulla poesia di Maria Teresa Liuzzo alita una superiore estensione ” metafisica ”, che prende atto delle insondabili antinomie dell’universo per trasportarle in chiave esistenziale e creativa. Rifuggendo dall’investigare con gli strumenti limitati della ragione, la poetessa si lascia conquistare dai misteri insondabili che avvolgono ”ebbra la mente”: ha piena coscienza dei riti e valori iniziatici dell’orfismo, dottrina che non dà requie, dinanzi alla quale si piega con dimesso atteggiamento di reverenza. Trovo questo tipo di ispirazione particolarmente congeniale alla mia personale formazione (il mio primo libro di poesia, edito nel 1979, si intitolava appunto ”Noùmeno e realtà”). Mi affascina la poetica di Maria Teresa Liuzzo, della quale ammiro la spiccata ipersensibilità di artista colta e raffinata.