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Il romanzo di Maria Teresa Liuzzo ‘…E adesso parlo’!

Maria Teresa Liuzzo “… E adesso parlo”!, A.G.A. R. Editrice, Reggio Calabria, 2019

Fernanda Caprilli, Giornalista e Critico letterario

Il romanzo di Maria Teresa Liuzzo ‘…E adesso parlo! con Prefazione di Mauro Decastelli, presenta una storia complessa, giocata su due diversi registri tematici e linguistici tra loro complementari, che si prestano a varie possibilità di interpretazione. Se la storia di Mary, la bambina nella quale la scrittrice si identifica, si concentra prevalentemente sulle terribili vicende della sua infanzia e della sua giovinezza, la comparsa di Raf, il personaggio simbolo dell’Amore nelle sue più alte accezioni, instaura nel corpo del racconto una complementarità fra mondi diversi sulla cui origine e sostanza il lettore è chiamato ad indagare.

Analizziamo dunque brevemente le vicende che si susseguono e s’intrecciano nel romanzo. Mary, fin da piccola, è considerata “la figlia della colpa” e per questo deve essere punita facendole vivere un’infanzia senza luce e senza amore, costretta a lavori faticosi, priva di quell’affetto materno che è alla base della crescita di qualunque bambino. Lei, così grande dentro, così desiderosa di amore, costretta a lavori faticosi, a subire le violenze che i genitori, senza nessuna vergogna, esercitavano nei suoi confronti, lei – dice la Liuzzo – “si sentiva come un seme rifiutato dalla terra”. In queste parole la scrittrice coglie, a mio avviso, tutto il dramma di Mary bambina. Il “seme” è vita che nasce e si genera al calore della terra, anche se, a volte, non tutti i semi danno fiori e frutti. Mary, così piccola, così indifesa, deve trovare in se stessa la forza di vivere e di crescere nel deserto che la circonda. Un piccolo crocifisso che la lega a quel Dio che sente ancora lontano da lei e dalla sua sofferenza e la figura della nonna materna rappresentano i due punti di riferimento nella solitudine della sua infanzia. Arrivata all’età della giovinezza, dopo la violenza tentata dal padre e rimasta inascoltata nella sua dolorosa denuncia, Mary decide di uscire per sempre dall’incubo di quella vita e tenta il suicidio tagliandosi le vene. Ma è proprio in questo drammatico momento che incontra il suo Daìmon, un amore immaginato “creato dalla sua fantasia come un dio e un angelo”, al quale si lega per sempre. Fin dal mondo antico – dice Hillman ne Il codice dell’anima – il daìmon “era una realtà psichica che aveva intimità con noi… il daìmon ci è accanto fin prima della nascita, stando al mito di Er di Platone, ed è grazie ad esso che possiamo trovare la nostra vocazione”. Non è un caso che, proprio a partire da questo incontro, la vicenda si sviluppi su un doppio registro: da un lato le sofferenze e i dolori che continuano ad addensarsi sulla vita di Mary e dall’altro il processo di individuazione che, grazie a Raf, porterà la donna alla piena conquista di sé e all’affermazione dei suoi valori.

Due sono i punti di forza su cui Mary può ancora contare: la fede in Dio, divenuta certezza ineludibile e la propria creatività che trova nella poesia la massima espressione. E mentre la sua vita è dominata dalla sofferenza e dalle ingiustizie, dal fallimento del matrimonio, dal dolore che le procura la figlia Priscilla, la presenza di Raf si fa sempre più concreta fino a giungere al riconoscimento di un amore da sempre esistito, di una casa abitata ed amata, intravista prima nel sogno e finalmente ritrovata quasi alla fine del suo lungo calvario: “Scoprirono che il loro amore immenso era già stato vissuto, già esistito”, dice la Liuzzo, e quella casa che l’amico Silvio generosamente le offriva sarebbe diventata casa Destina, secondo il suo desiderio e quello di Raf. Nel romanzo di Maria Teresa Liuzzo Bene e Male si fronteggiano. In questa opposizione sembra, almeno in un primo momento, prevalere la descrizione cruda e atroce delle tante offese portate alla persona umana, specialmente la mancanza di amore nei confronti di una bambina umiliata, sfruttata, rifiutata e di una donna che, dopo aver scelto di non voler più vivere in un contesto sociale e umano così degradato, vede aggiungersi dolore a dolore in un succedersi spaventoso di incomprensioni e di odio che affondano le loro radici in un mondo arcaico che non ancora acquisito la consapevolezza del male. La lotta di Mary è anche una lotta di rivendicazione sociale, di ascesa e realizzazione personale che solo per mezzo della cultura si potrà realizzare. Infatti, quando Mary si rende finalmente conto di essere viva, capisce che nessuno potrà mai impedire alla sua creatività di esprimersi, tanto che da quel momento la scrittura diventerà la sua fedele compagna. E fu così – dice la Liuzzo – che Mary “abbracciò il fiume della poesia che divenne mare e poi oceano, pilastro d’esistenza di quel grande miracolo che è la vita”.

Per questa via, l’opposizione dualistica di cui parlavo sopra finirà per decretare il trionfo del Bene e dell’Amore contro ogni possibile ostacolo. Non si tratta di una conclusione moralistica del romanzo, come potrebbe sembrare, ma di una evoluzione di cui la protagonista si rende artefice e partecipe allo stesso tempo. In tutto questo processo che potremmo definire junghianamente di individuazione, svolge un ruolo fondamentale il personaggio di Raf, l’Animus che aspira a ritrovare la sua Anima in un percorso di secoli e millenni, fin là dove l’inconscio collettivo può affondare le sue radici. Sarà infatti questo immaginario amore, vissuto prima come sogno e presenza e “ritrovato” poi nel riconoscimento di una vita vissuta insieme, alla quale ancora sono entrambi legati, a creare quel diverso registro linguistico che risulta essere una delle caratteristiche fondamentali del romanzo. L’immaginario mondo di amore rappresentato da Raf libera infatti il linguaggio dalle strettoie logico-concettuali, affidando ad una prosa poetica estremamente raffinata la capacità di esprimere sia la diversità fra i due mondi (reale e immaginario), sia il contenuto di amore di cui l’animo umano si nutre quando aspira a raggiungere una dimensione spirituale più autentica e profonda.

Da questo amore, che nel finale del romanzo si fa perdono e disegno divino che si palesa nella vita della protagonista, deriva la bellezza di tante pagine, quella bellezza che si intravede nella natura che fa da sfondo all’amore tra i due o nell’aspirazione all’infinito di cui essa è partecipe con i suoi fiori, i suoi profumi, le sue spiagge sognate: terra ritrovata o raggiunta dopo tanto dolore e tante lacrime.

Un romanzo nuovo e interessante, dunque, questo che Maria Teresa Liuzzo ci propone, che va letto con attenzione, assimilando la ricchezza di immagini di cui è intessuto e cercando, sulla linea junghiana del sogno, di entrare in quella dimensione dell’inconscio dove tutto esiste e perpetuamente rinasce e si rinnova.

 

 

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