Appunti per il libro ‘Miosotide’ di Maria Teresa Liuzzo
Recensione a Miosotide, Maria Teresa Liuzzo, A.G.A.R. Editrice 2009.
Marco Galvagni
Poeta, saggista e critico letterario
Miosotide è un notevole libro di poesie della poetessa di caratura e di spessore della poetessa di Reggio Calabria Maria Teresa Liuzzo.
Le liriche di tono amoroso che lo compongono, in cui l’autrice vede l’amato come “piuma delle mie pupille,” hanno un carattere e una denotazione più metafisica che tangibile. S’avvicinano alla poesia orientale di Mira Bai ed anche di Li Po possedendo una levità, un distacco dalla soggettività, una ritualità che però non sconfinano mai nel tono impersonale. L’amore, in Miosotide, cerca ciò ch’è interiorizzato lanciando un’aerea rete di aneliti: è la sintesi superba di amante e amato.
Vi si riscontrano vaghe reminiscenze tagoriane, grande Premio Nobel bengalese nel 1913 ( a soli cinquantadue anni, il più giovane della storia della letteratura) perché l’io narrante si distacca dallo spirito per compenetrare l’anima dell’amato. C’è comunque, a tratti, passione, fervore e desiderio, appellativi inscindibili dall’oggetto-amore. Ma è una poesia che non possiede niente, ad esempio, del fuoco e dei baci del Premio Nobel il 10 dicembre 1971 Pablo Neruda. Vi si versifica, al contrario, d’un sentimento etereo, alto e complesso tra la sofferenza, la gioia e i palpiti.
Un amore che ci insegna a riempire il vuoto che sentiamo, scrive il mistero sull’infinito e desta immagini e visioni cromate ma possederle è arduo, veleggiano nell’aria, sono inafferrabili. Amore colto in una teofonia, una visione solare. Le immagini entrano l’una nell’altra in una melodia continua e progressiva, un alfabeto di grafemi tracciati con sapienza, suonando con note audaci la fisarmonica di versi che compongono poesie tutte dal registro stilistico senza sbavature. Le visioni si ispessiscono e diventano più forti quando, nelle poesie ben levigate che compongono Miosotide, sono i simboli dell’universo esterno a creare un viatico verso l’interiorità della poetessa, una lente d’ingrandimento sul suo mondo composto di sentimenti ed aneliti. Soprattutto quando questa tangenza si fa emblema rivelatore del suo mondo più reale che onirico in un dolce connubio fra universo e substrato animico.
Un libro, Miosotide, che ha altissime valenze poetiche.
Tutte le liriche sono di assoluto valore ma alcuni versi sono pura poesia. Solo per citare gli esempi più rilevanti:
a pag. 28 “la viltà della prudenza/che si nasconde/in una piuma d’ombra…”
Poi “Oceani di giunchi” sono i pensieri che scorrono.
A pag. 34 la chiusa “forse ti troverò/dove siepi fiorite accarezzavo.”
La rilevante e sofferta “Un pensiero lontano mi raggiunge,” a pag. 43, intensa in ogni sfaccettatura e che dimostra una mirabile capacità espressiva nonché ricchezza semiotica.
A pag. 46 “e tu dentro di me/fai scorrere i giorni/del futuro.”
A pag. 77 “Diventa lo scriba/che incide con lo stilo/la leggenda degli amanti”
A pag. 82 “E, poi, sei cielo/che inventa/i suoi colori/ed invidia il verde/dei miei prati”
A pag. 84 “precipitiamo/come stelle d’ombra”
A pag. 90 “il papavero/che ha sottili petali/ma anima di fuoco”
A pag. 99 “fiori/che lanciano i colori/dentro gli occhi”
A pag. 104 “e le fa ciglia ed occhi/che disegnano fantasie”
A pag. 113 scrivendo dell’amore “s’insediò nell’anima e fiorì/come rosa nel deserto.”
A pag. 117 “penetri in me/e mi porti le stelle/dentro il petto e fiori/di luci e di galassie”
A pag. 118 la chiusa “…mi sfogli,/come il vento/le pagine di un libro.”
A pag. 125 “La morte ci sfiora e noi siamo/farfalle e fiori nei suoi occhi/e il suo sguardo ali e petali”
Da segnalare, infine, il parere molto favorevole su Miosotide di Giorgio Barberi Squarotti che, in una lettera del 25 ottobre 2008, esordiva scrivendo: “Cara e gentile Signora, mi congratulo vivamente con Lei per il grandioso e ricchissimo volume di poesia e di critica” E concludeva: “Grazie del dono.”