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MARIA TERESA LIUZZO: ”…MA INQUIETA ONDA AGITA LE VENE”

MARIA TERESA LIUZZO: ”…MA INQUIETA ONDA AGITA LE VENE”

 ED. A.G.A.R. – REGGIO CALABRIA 2003 – POESIE

 LA FASCINAZIONE DELLA PAROLA NASCE DALLA COSCIENZA DI UN TEMPO CHE NE FUGGE E NE RIFUGGE CONTINUAMENTE

 

 

DI SILVESTRO SILVESTRI (POETA E CRITICO LETTERARIO)

 

 

 

Questo poemetto di Maria Teresa Liuzzo, come indicato, è forse il più completo delle altre Sue opere poetiche. Certamente è il più completo ed emotivo nucleo di significati apodittici, logicamente necessari ad i dettati dimostrativi a compendio, se non altro, alle idee espresse. Per volerle fermare nel suo animo o per liberarsene. Con questo Suo canto di una fulminea grazia. Con questi suoi continui brulicare di intenti. Suddiviso da brevi partiture, da predicati associati l’uno all’altro, questo pur breve e intenso poemetto, certamente di largo respiro propositivo; a volte cosparso di fiati affannosi, di tremiti, di misteriosi e diversi trapestii e di rapidi sussulti; ora per gli indizi proposti, poi per gli incantesimi rivelati ne presentano, dall’inizio alla fine, i sintomi unitari ed esistenziali dell’uomo. Nel tempo generazionale che continuamente si unisce e si disfa. Attraverso le diverse forme e i voleri, voluti o casuali che ne vengono evidenziati, sin dall’inizio, in ”Un seme di papiro” quando ”apre la storia,” e ”narra” / il dolore dell’uomo”, ne ”traccia il presente”. Maria Teresa Liuzzo, se si vuole, certamente intende rilevare, con i suoi versi brevi e alquanto diversificati nelle varie rifrangenze di luce, intensamente colorati e trasparenti nelle immagini reali o visionarie che siano. Visti nei respiri dell’aria. Con le voci alte e chiare. E un’esplosione di frammenti che ne completano, di volta in volta, il loro giusto significato che ne viene dal suo insieme complessivo: ”Scende la pioggia / a consolare il giglio, / nell’Eden tradito, / e già vede / il Tempio profanato / e le spine / sulla fronte del Cristo”. Si notano in queste poesie, forse più d’altro, i termini letterari e metaforici; antologici e in formulazioni diverse che ne mettono in prima visione, attraverso eventi storici, i sensi più umani e formativi che ne derivano da questo uomo fermato, per quanto possibile, in questo suo tempo che fugge e ne rifugge continuamente. Nel suo contesto ulteriore per volersi spingere oltre. Per cercare il senso o il non senso dell’essere o del non essere, della vita e della morte: ”Solitudini scarlatte in notti / di comete aleggiano / su Itaca verde. Arco di mare / deserto e illusione: / avanza Cheope / da Edipo al muro del pianto. Ombre / dall’oblio della storia popolana / lo specchio della sera”. Per riassumere, poi, le domande multivalenti di queste poesie. Semantiche o psicologiche che s’intendono; o ideologie cui corrispondono altre antitesi, foniche e lessicali attraverso tutte quelle immagini figurative e immaginarie si susseguono negli equilibri dei versi. Alla visione reale segue, inevitabilmente, quella sognata. Quando viene intesa in una unità complessiva di moduli o di ritmi che ne esprimono una domanda esplicita ed una risposta interpretativa: ”Abele estinto/ Caino immortale: / luce / primaverile / di sanguigni flussi.” Il senso ultimo, o primo, della poesia di Maria Teresa Liuzzo non può essere che il verificarne l’apparenza nella veridicità storica; unitamente al presente. Per volerne proiettare gli indizi, le incertezze di ieri e di oggi, negli spazi estensibili di un prossimo domani. In una continua crescita nel suo mutamento espressivo. E nel suo svolgersi ”fra lusinghe e inganni” e ne ”riceve la coscienza” con ”l’obolo serale ”… mentre ”Piegato il cuore / sulla radice del senno / cerca lo smarrito sale”.

 

Silvestro Silvestri – 2003.

 

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