Bruno Freddi: Perché piacciono tanto, Jasmine Paolini e Jannik Sinner?
La risposta, se ci limitiamo ai fanatici di sport, temo sia scontata: perché sono italiani e perché vincono. Amen.
Se però proviamo ad allargare lo spettro, ci accorgiamo che i due piacciono tanto a fasce di pubblico lontane dal demone della competitività e della vittoria a tutti i costi. E, visto che il Vostro narratore fa parte di queste, vi dico perché piacciono a me.
È semplice: Jasmine e Jannik sono portabandiera di una rivoluzione che sta avvenendo col ricambio generazionale in molti sport, quella della gentilezza, del sorriso, della competizione sana. Sì, perché a dispetto di quelli che “ah, i veri valori di una volta”, lo sport è stato per anni teatro della competitività più tossica che possiate immaginare, quella per cui conta solo vincere e chi non ce la fa è solo un “perdente” o un “fallito”, con buona pace del barone De Coubertin.
Quella dove “il secondo è il primo degli sconfitti”.
Un Mondo Nuovo, dove c’è sempre meno spazio per il competitivo tossico, quello che manipola l’avversario in campo, che fa di tutto pur di vincere e che fuori ne azzecca una solo per sbaglio, come il famoso orologio rotto. Quello che rilascia dichiarazioni discutibili, frequenta pessime compagnie e vanta ammiratori aggressivi e rabbiosi più di lui. E se state pensando a un tennista in particolare, siete solo maliziosi..
Jasmine e Jannik sono molto diversi per carriera, stile di gioco e percorso di vita. Però, qualcosa li unisce: il sorriso, contagioso ed esplosivo quello di Paolini, misurato quello di Sinner. Ma non solo, il fatto che, pur vincendo spesso, le prime parole siano sempre per ringraziare: l’avversario, il pubblico, lo staff, gli organizzatori, la Vita. Una Rivoluzione Gentile che, se fosse trasportata nella vita di tutti i giorni, renderebbe il mondo simile a un Eden.
Pensate se sui Social facessimo tutti così, ringraziassimo per un bel contenuto e dedicassimo comunque un sorriso a chi la pensa diversamente. Vabbè, esagero sempre.
E poi, Sinner e Paolini sono la cartina di tornasole dell’Italia che vorremmo e dei giovani che – vivaddio – surclassano gran parte delle generazioni precedenti per educazione, gentilezza, successo e valori. Jasmine, in particolare, è in parti uguali toscana, polacca e ghanese: un meraviglioso meltin pot vivente che dimostra quali splendori possano venir fuori dalla mescolanza di culture, altro che “chiudete le frontiere!!1!1” e minchiatine simili.
Anche Jasmine e Jannik hanno i loro hater, ma quelli li lasciamo perdere, per oggi, che non vale la pena. Una parola solo per chi dice che “certo che sorridono, guadagnano i milioni e fanno la bella vita, li vorrei vedere ad alzare sacchi di cemento o timbrare il cartellino!”
E invece no, perché la loro è un’attitudine, un approccio che chiunque può avere.
Se Jasmine avesse deciso di fare la cameriera, la commessa, l’insegnante, l’archeologa o la CEO di una multinazionale, sono sicuro che lo avrebbe fatto con lo stesso atteggiamento. Sarebbe stata la prof che arriva sempre col sorriso sulle labbra, o la cameriera che prende l’ordine con gentilezza, o la dirigente pronta ad ascoltare le esigenze di tutti, dal primo all’ultimo. Lo stesso per Sinner, magari con meno espansività, ma con lo stesso impegno e onestà.
Questi sono i motivi per cui piacciono a me: perché vincono ma senza umiliare, hanno successo senza dimenticare chi ne ha meno, stanno bene attenti a cosa dire e – soprattutto – a cosa non dire.
Non costruiscono solo sul successo, ma sul valore.
E quello, anche quando non vinci, non si tocca.