Maria Tereza Liuzzo e il suo libro ‘E adesso parlo’
MARIA TERESA LIUZZO, Romanzo …E ADESSO PARLO – Prefazione di Mauro Decastilli – A.G.A.R. Editrice – Reggio Calabria – Italy. Associazione Lirico Drammatica Arte e Cultura “P. BENINTENDE” – Finito di stampare nel mese di Maggio 2019 presso la Tipografia Rosato, Reggio Calabria.
Prof. Eugenio Maria Gallo, Scrittore – Saggista – Critico letterario
E’ sempre piacevole leggere le pagine d’una bella prosa e lo è ancor di più quando essa si condensa in un romanzo interessante come questo di M. T. Liuzzo, un romanzo che scava a fondo nella vita e nella psiche dell’essere umano, mettendone a fuoco le pieghe più oscure. “Foto di gruppo ingannevoli, – essa scrive – dove si consolidavano le linee di un vissuto imperfetto, dove la serpe ed il di lei marito abbracciarono Mary per non fare trasparire le loro vergognose malefatte” (cfr. p. 104). In questo passo del suo lavoro appare un po’ quella che, in tanti luoghi del mondo, era ieri ed è ancora oggi la misura dell’esistenza di tante persone e, in particolare, di tante ragazze e di tante donne. La misura di un’esistenza che, parafrasando il Ludwig Binswanger del saggio Tre forme di esistenza mancata, definirei appunto un’esistenza mancata. E se, per L. Binswanger, le forme di esistenza mancata sono esaltazione fissata, stramberia e manierismo e riguardano la ricerca psicanalitica tesa alla “comprensione delle forme schizofreniche dell’esistenza”, alla luce di questo romanzo di M. T. Liuzzo, per me, sul piano umano e dell’umano esser- ci, la forma di esistenza mancata è data dalla rottura del rapporto essere – persona e, nella figura di Mary, in queste pagine si condensa nel fatto che essa, dai propri familiari, viene considerata come una “intrusa”, di cui servirsi per tutte le necessità, senza mai regalarle neppure poche briciole d’affetto. “Mary non esisteva – scrive M. T. Liuzzo – se non come una macchia anagrafica, era figlia di nessuno, orfana, senza famiglia, un aborto del destino!” (cfr. p. 128). Ecco perché parlo di “un’esistenza mancata”, perché Mary, per gli altri, sul piano affettivo è come se non esista e, pertanto, come se non sia neppure un essere umano. Nella sua vita, allora, sembrano esserci proprio le condizioni che stanno alla base di un’esistenza mancata. Di questo dramma, in fondo, tratta il romanzo che è il primo di una trilogia, in cui la protagonista è sempre Mary, insieme con la realtà e con la vita che la circondano. Ma il senso recondito è un altro e di un altro tenore. Così come la sua esistenza è tutt’altro che un’esistenza mancata. Essa, infatti, non manca la meta del proprio esser- ci! Vive la propria vita fra angosce e tormenti, ma la vive trovando la via del proprio riscatto nella scrittura (“Mary abbracciò il fiume della poesia che divenne mare e poi oceano, pilastro d’esistenza di quel grande miracolo che è la vita”, p. 53), nella fede (“So di essere figlia di nessuno, ma rimango figlia di Dio, quel Dio che non mi abbandonerà mai”, cfr. p. 51) e nell’amore che nutre in sé ed esprime non solo nel sentimento per l’uomo dei propri sogni, sia egli una figura reale o solo una proiezione dell’anima, ma anche nel solidale affetto che la spinge ad interessarsi e a prendersi cura dei bisogni degli altri (“un amore incondizionato, da offrire al mondo intero e a chi ne sarebbe stato degno. E fu allora che Mary ebbe la visione del suo Raf, al quale disse: ‘Io scrivo e tu dipingi’, in quella casa, in quel giardino che lei rivide, esattamente come nel sogno, quarantasei anni dopo”, cfr. p. 52). Il romanzo si svolge, anzitutto, nella dinamica d’un viaggio della protagonista fra i meandri del proprio vissuto per comprenderne le motivazioni e liberarsi dal peso d’un passato che ne opprime la memoria e l’anima. Non riuscirà a liberarsi del proprio passato, ma ne comprenderà il senso. “Era una strana famiglia quella di Mary, – scrive M. T. Liuzzo – e per lei i giorni scorrevano come grani di un rosario, sempre uguali e sempre più amari, mentre da lontano le giungevano le urla felici degli altri bambini che giocavano spensierati sotto una scia di sole che li illuminava” (cfr. p. 39). Da bambina la sua vita si consuma nella solitudine, nell’indifferenza dei propri familiari (l’unica ad interessarsene è la nonna materna, ma scompare troppo presto), fra le angherie, i soprusi, i maltrattamenti e lo pseudo perbenismo di quelle persone che dovrebbero difenderla e non se ne curano, ”genitori, fratelli, sorelle, nonni (…) e guardandoli negli occhi ad uno ad uno, diceva loro: ‘Voi tutti non c’eravate (…). Quando pensavo e ho temuto per anni che il vostro zietto (…) il cavaliere senza macchia agli occhi della gente, ma non a quelli di Dio, avesse potuto abusare di me e di Fiamma (…). Siete colpevoli come il mostro di vostro zio per avere inquinato, distrutto e occultato le prove di una registrazione che avrebbe incastrato lo zio e tutto l’entourage familiare” (cfr. p. 133). Nel corso degli anni, Mary è costretta a subire altre delusioni e tradimenti e ad affrontare tanti altri problemi e tante altre sofferenze. La vita, spesso, è un cammino tempestoso e tempestato per tutti e così è anche per Mary. Il suo peso più gravoso, tuttavia, è il non riuscire a liberarsi dalla memoria d’un passato opprimente e sconvolgente, un passato che sa di violenza e continua ad incalzarla e a farsi sempre più struggente. Essa, però, non si arrende e lotta perchè la sua vita si realizzi e si concretizzi nella misura di un’esistenza vissuta nella dimensione dell’esser- ci, del vivere e non del lasciarsi vivere. E lo si coglie nelle parole, che essa ha per i propri familiari: “La straniera che avete abbandonato per essere sbranata nella giungla, seppellita viva nel cemento, rifiutata, spogliata della propria carne, del proprio sangue e della propria vita è risorta dalle sue stesse ceneri; e come un rabdomante nel deserto della disperazione, ha incontrato l’amore di Raf. Durante mille morti che le avete inferto, ha coltivato i gigli della gioia che il Signore le ha donato con le Sue carezze e posto sulle stigmate di lei. La vostra malvagità si è trasformata in amore, un amore voluto dal cielo… Non si è trasformato in odio come voi speravate!” (cfr. pp. 135- 136). E’ il momento della catarsi che, in lei, si svolge anche nella misura d’un perdono che è segno precipuo delle anime grandi. Mary è una figura positiva che dà senso non solo all’essenza del suo essere persona e del suo esser- ci, bensì anche al messaggio stesso che, nelle pagine del romanzo, la sua storia racchiude ed esprime. La sua figura mette in evidenza quella che è stata e, spesso, ancora è la condizione della donna vittima di soprusi e di violenze, ma anche eroina di coerenza e di valori, per cui lottare, e messaggera di amore e di speranza. Ed è proprio grazie a questo amore che essa ha parole di perdono nei confronti dei propri carnefici. Le ferite della sua vita rimarranno sempre aperte e così pure il suo dolore, però Mary sa che il senso della vita è altro da quel che comunemente si crede e va oltre le coordinate della quotidianità e della realtà in cui essa si svolge. Sa che non dimenticherà il proprio passato e che, forse, non riuscirà a liberarsene mai, ma sa anche che il senso della vita è amare. Un segno è l’essere umano in questo mondo, un semplice grumo di sangue e di carne, un segno destinato a passare col tempo e nel tempo, quasi sempre senza lasciare traccia di sé e del proprio passaggio. Se, tuttavia, conosce il senso profondo dell’amore e della benevolenza, l’essere umano si fa persona e vive la vita nei suoi valori più veri e più importanti. Ed è per questo che l’esistenza di Mary non è un’esistenza mancata, bensì riuscita.