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L’UOMO, IL POETA RICORDO E NOTA CRITICA DI MARIA TERESA LIUZZO

PETER RUSSELL: ”L’ULTIMO DEI GRANDI MODERNI”

 

 

Risale all’anno 1993 il mio primo incontro con la poesia di Peter Russell. Non ricordo bene da chi mi fosse stato fornito un testo poetico del grande poeta inglese, Teorie e altre liriche, pubblicato nel 1990. Adusa come ero a letture di autori, per lo più italiani e, soprattutto, rappresentanti di quel minimalismo, nel quale sembrava invischiata, in quel periodo, la poesia italiana, la quale peraltro risentiva ancora di tutte le esperienze sperimentali, che l’avevano attraversata, lasciando oltre a qualche segno di rinnovamento, indubitabili danni. (Avrei letto in seguito, altri testi poetici di Peter Russell, come Poesie dal Valdarno, AlbaeMeditatio; La sorgente prosciugata, Sonetti e altri).

Tornando al testo su menzionato, esso mi colpì perché andava ben oltre il limite della comune osservazione e della poetica asfittica e limitata, caratteristica di molti, ma disseminava in una sfera illimitata la storia dell’umanità e del pianeta, recuperava palpiti di lontanissime galassie, tempi immemorabili e remoti, li allacciava magicamente alla contemporaneità, così come, pur vagando per questo illimitato universo, volgeva l’occhio alla storia contemporanea, dall’ambito sociale al politico: un’ampiezza, insomma, del tutto inusuale, per la mia conoscenza, riguardo alla poesia contemporanea. E, poi le carature stilistiche e formali, dal tono epico, al lirico, all’ironico moderato o sferzante: stimmate che variamente avrei riscontato nelle opere successive. Il mio compito, nella presente circostanza, non è di impegnarmi nell’analisi critica o nel commento dell’opera poetica, ma di tracciare, un profilo umano e una descrizione fisica di Russell, sia pure in pochi tratti e secondo l’impressione, che tale figura di poeta e di uomo, mi ha suscitato, sia in relazione alla reciproca corrispondenza epistolare, ricca di sue osservazioni sulla poesia e sull’arte in genere, sia in relazione al fatto di averlo conosciuto personalmente ed avuto per alcuni giorni mio ospite.

All’inizio del 1995, avendo appreso che il poeta risiedeva a Pian Di Sco, in provincia di Arezzo, gli inviai una mia raccolta poetica, sollecitandone un cortese commento: la silloge evidentemente fu di suo gradimento (si trattava di Apeiron, che avrei pubblicato successivamente) tanto che egli si dichiarò disponibile alla sua presentazione, qualora io lo avessi ritenuto opportuno. Accettai, ovviamente con entusiasmo l’offerta del grande poeta e, nel contempo gli inviai un’altra silloge inedita, Umanità, perché egli ne curasse la prefazione. Apeiron fu presentato alla città di Reggio Calabria nel novembre del 1995, nel Teatro Comunale ”Francesco Cilea” e, anche per la presenza del Poeta (che intanto avevo ospitato a casa mia e vi sarebbe rimasto ancora per qualche giorno, dopo la presentazione del libro), ebbe un impatto notevole e numerosa presenza di pubblico, oltre alle positive note critiche. E’ superfluo aggiungere che nella serata, non considerando il valore dell’opera presentata, la figura di Russell si impose in tutta la sua forza di suggestione, per la naturalezza espressiva, per quella chiarezza e semplicità di linguaggio, che rende fruibili, al più eterogeneo uditorio, concetti profondi e dai significati nascosti. Egli, infatti, espose l’opera, trattandola da diversi punti di vista, rivelandone i significati filosofici, le caratteristiche stilistiche, chiari i diversi significati della poetica, con una chiarezza esemplare così che a nessuno dei presenti sfuggì il significato dell’opera. Ecco, quello della semplicità illuminante fu una nota dominante della sua maniera di parlare e di scrivere: tutto nella sua espressione rifiutava la complicazione, il rovello intellettualoide, certe sottigliezze, che talora sembrano accreditare di acutezza e di profondità concettuale, chi parla o scrive ma, che in effetti non sono altro che arzigogoli che mascherano la modestia del pensiero. Durante il soggiorno ho potuto notare in questa singolare figura di uomo, di poeta, di intellettuale, l’esemplare modestia, l’umiltà che è caratteristica delle grandi menti, il suo inoltrarsi in argomentazioni, sia riguardo all’umanità in generale, sia al mondo contemporaneo, alla storia, alla letteratura e, in particolare alla poesia. Mentre parlava, lo osservavo con attenzione, ne contemplavo la figura, certamente come dire, originale. Egli era alto e snello, quasi magro, sfoggiava una folta chioma ondulata e indocile, completamente bianca, che si intrecciava con la barba fluente; vestiva modestamente e portava i pantaloni, laghi, rispetto alla sua corporatura, e al di sopra delle caviglie. Particolare era l’espressione degli occhi, che si accendevano di vivida luce o si addensavano di cromature oscure, ma risultavano sempre vivaci, rendendo al meglio le dinamiche del pensiero. L’espressione linguistica era oltremodo corretta, preziosa, particolareggiata, come non è dato neanche a chi si esprime nel proprio naturale idioma. Appresi vari particolari della sua vita: gli studi, l’incontro con la poesia, il suo soggiorno negli Stati Uniti d’America, e il suo peregrinare per il mondo, la partecipazione alla Seconda Guerra Mondiale, il suo arrivo in Italia, il suo trasferimento a Pian di Sco, eletta a suo domicilio stabile, così come stabile la residenza in Italia, eletta sua seconda patria. Mi rivelò, anche, i suoi rapporti con Ezra Pound, il suo impegno a farlo rilasciare dalla casa di cura, ove il grande poeta americano era stato relegato e il dolorosissimo evento dell’incendio della sua (di Russell) biblioteca, avvenuto nel 1990, con la perdita di scritti propri e di preziose documentazioni, oltre che di rarissimi libri. Mi accennò anche a qualche sua candidatura al Premio Nobel, che forse (è mia opinione) avrebbe meritato. Parlammo delle difficoltà, naturali per chi è lontano dalla patria di origine, difficoltà spesso di ordine economico (soltanto pochi mesi prima della sua morte, gli venne conosciuto il diritto di fruire della Legge Bacchelli, del quale non poté godere, essendo deceduto il 22 gennaio 2003 nella casa di riposo, a Castel Franco Sopra – Arezzo; ma anche riguardo all’affermazione della propria opera poetica, specialmente in un poeta che della conservazione e esaltazione dei valori assoluti dell’umanità e dell’arte, faceva una professione convinta, quasi religiosa. Come si è già accennato (e come ricordo, egli mi abbia ribadito) credeva che al di là della dinamica e del divenire dell’arte e della poesia, queste non si potessero ridurre a espressioni formali, a ricerca spesso bizzarra e fantasiosa di nuovi linguaggi, ma che allo stile si dovessero sempre e comunque accompagnare, concetto solidi e rappresentativi delle istanze fondamentali e universali dell’uomo: non abiura, quindi, dei valori assoluti, con presa di coscienza ovviamente, della crisi dell’uomo e delle varianti relativistiche, ma, comunque e sempre, tensione verso la centralità dell’uomo, che è il fattore e l’ideatore della poesia e dell’arte (senza essere ridotto a semplice strumento): una poesia, in sintesi, secondo Russell, che senza cedere al facile sentimentalismo, deve essere informata del sentimento, riflettere oltre alle istanze di ordine fisico, la spiritualità dell’uomo; deve attingere anche le vette alte del pensiero e comprendere il mondo nella sua globalità: in essa storia e tradizione, mito e contemporaneità devono essere contenuti in una unica sfera. Avevo prima accennato alla modestia e alla semplicità del grande poeta: sia quando parlava che quando scriveva, lo faceva con estrema pacatezza, anche se talvolta con vivacità e una qualche verve appena polemica, ma per ribadire il rispetto di principi fondamentali. Erano, però, assenti il malanimo, il disprezzo, il rifiuto del confronto, l’intolleranza: credeva semplicemente, come la sua vita e la sua opera avevano dimostrato, che l’arte, come la vita dovessero esaltare o grandi princìpi, i grandi valori (e ciò aveva espresso anche nella prefazione alla mia opera, Umanità) e quegli assoluti, che troppo frettolosamente e superficialmente, tanta filosofia, tanta letteratura, tanta poesia avevano messo nel dimenticatoio, forse per una ricerca più ovvia o più facile da perseguire.

 

Maria Teresa Liuzzo

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