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NEL LETAMAIO FINIRA’LA SOMARA

NEL LETAMAIO FINIRA’ LA SOMARA

L’ESERCIZIO DELLA SATIRA ATTRAVERSO LA METRICA DELLA FILASTROCCA

LA MEGERA A PASQUA CON VELENO E CERBOTTANA

L’impertinente megera, degna compagna del ratto, intimidite le vittime passa al ricatto.
Risuolate le scarpe chatta per ore,
tra le sue grinfie, la vittima fa da mediatore.
Come serpe nel crogiolo le rinfaccia uno scarabocchio in dono,
versi sgorbi e citronella solo l’albume brucia in padella.
Tutto il fumo va in vacanza, manca proprio la sostanza.
Gode nel metterle nel sacco, fa con tutte scacco matto.
Giunta all’angolo convesso, le rinfaccia un capoverso,
”cara amica non hai tatto hai scordato quanto ho fatto”.
Virulenta è la sua voce come un sasso nella foce.
Predatrice a tutte le ore non risparmia neppure il Redentore.
Come un geco tra le fessure si traveste di mali oscuri.
Riluttante è la sua voce anche con Cristo quando lascia la Croce.
Dalla megera scappa ogni violenza, impartendo a lei, lezioni di intelligenza.
Nella cloaca sprofonda dell’ingiustizia,
tra i suoi bastoncini di liquirizia.
Con il veleno e la cerbottana, imitare vorrebbe la fata Morgana.
”L’interlocutrice non l’hai abbindolata, felice non sei, sei soltanto frustrata”.
Tutta la vita puoi continuare a tramare nell’immenso steccato del tuo pascolare.
Troppe le vittime sacrificate sull’ara,
confondi ancora la fiaccola con la lampara.
A tutti recita ”pensate col cuore” dentro il rigurgito del suo antico rancore.
”Non sei ancora stanca di elemosinare? Getta via il cucchiaio del rimescolare”,
ogni fondo di pentola hai fatto schifare”.
”Non fa parte di te la regalità, la sconfitta accetta con dignità,
non sei più novizia ma solo immondizia.
Cariatide cieca sulla colonna del tempio,
di ogni anima pura ne hai fatto grande scempio”.
Sotto l’aletta dell’armonia nascondi il tuo volto di carestia:
attenti all’approccio della sua epidemia!
Esperta grande della lusinga, la sorte con voi non sarà mai benigna.
Vi spremerà come un limone, nella falsa carezza del suo pungiglione.
Genio fallito invoca venia al tramonto, nell’ultimo estratto è in rosso il suo conto.
La luna nera fa da menestrello, quale rifiuto gettare nel cestello?
La realtà si presenta amara, nel letamaio finirà la somara
La megera sfida il tempo e il boomerang le restituisce il vento.
”Stanca non sei di recitare e tra le tue oche di starnazzare?”
Muco rimani di un filamento appesa alla corda del tuo tradimento,
la verità vorresti imbrattare, neppure lo sterco ti vorrà barattare.
La megera non ha pace sta seduta sulla brace
Con la lingua in mezzo ai denti e il deretano sui carboni ardenti.
Dovresti tornare sui banchi di scuola,
saltimbanco sbilenco e con la museruola.
Circuiti i bisognosi impone il dazio e la sua alitosi.
Indaga a lungo sul loro operare: chi più possiede, più a lei deve dare.
Ogni incontro è stato amaro con il suo estorcere denaro.
In tempi opachi di surreale, la megera si impone da criminale.
Pulita la cera dell’alveare, maestra diventa del temporeggiare.
Raggiunta la pista dell’euforia, le prede parcheggia sulla funivia.
Senza il din don delle campane, fa l’arrogante con le sue brame.
-”Come stai? Non mi chiami? Come mai? Ti sento lontano? ”
-”Molto lontano, a mille miglia dal tuo pantano”.
Ora cimice dell’invadenza, vorrebbe imporre la sua presenza.
”Un temporale vorresti destare? Ritorna nell’atrio del tuo stato larvale”.
”Non sei che un pirottino di te stessa burattino”.
”Con la sporcizia fai alleanza
imparare dovrai la buona creanza”.
”Sei un soffione, una banderuola con la tua stupida pianola.
Faccia di bronzo dà il suo buondì, rubando al gallo il suo chicchirichì.
Fa di tutto per stare a galla, calpestando una primula gialla.
Gli artigli affonda nella pasta reale,
e ancora vivo divora l’agnello pasquale.
La sua è una falsa empatia, è la megera dell’idolatria.
Non risparmia neppure l’effige, prima la bacia e poi la trafigge.
Con la faccia da padella la megera porta jella.
Anziché saldare il conto, fa la furbetta e cerca lo scontro,
ma la fiamma del camino, è ormai ridotta a un lumicino.
La credibilità è una bianca manciata, farina dispersa mai sarà raccattata.
Ecco la BIBBIA, la vittoria che avanza sul piatto sprofonda della bilancia.
”Voi non sapete cosa io abbia in mente, su dieci opere esigo la mia tangente”
Farà parte di una setta la megera mafiosetta?
Siamo al corrente del tuo indagare così pure del tuo calunniare”.
La legge di Dio è uguale per tutti, tagliare quei rami che non daranno mai frutti.
Ad ogni regola segue il suo nesso: ”chi causa il suo male pianga se stesso”.
La cultura del sospetto, ignora la pietas e calpesta il rispetto.
E’ arrivata la circolare, tutti attenti ad ascoltare:
dalle Alpi allo Stivale, la megera è da rottamare.
”Sghignazzando starà in disparte, tutto il suo dolo sarà la mia arte”.

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