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LIUZZO, POETESSA DI ESTREMA SENSIBILITA’E DI ELEVATO PRESTIGIO CULTURALE

MARIA TERESA LIUZZO, POETESSA DI ESTREMA SENSIBILITA’E DI ELEVATO PRESTIGIO CULTURALE

Prof. GIUSEPPE ANZIANO, Scrittore – Saggista – Critico letterario

Maria Teresa Liuzzo, poetessa di estrema sensibilità e di elevato prestigio culturale, nella sua raccolta di poesie, il cui titolo ”Eutanasia d’Utopia” – Jason Editrice – , piuttosto emblematico, si presta ad interpretazioni diverse e suggestive,anche se la più accettabile, sul piano etimologico e poetico, è quella che propone, con relativa spiegazione, l’illustre prefatore prof. Vincenzo Rossi nella sua introduzione dotta e ricca di acume critico, ”Morte serena ed indolore delle aspirazioni ideali della poetessa”, si addentra nei recessi della propria anima, registrandone, in versi che rispecchiano la sua indole malinconica, le intime morsure, le passioni, i dubbi, le incertezze. Premesso che l’opera della Liuzzo, piuttosto consistente per il numero delle liriche presenti – ben 137, di cui numerose alquanto estese – se ben letta ed intensa, (ad una buona e intensa lettura) può costituire non un documento, ma certamente una testimonianza di una condizione umana e di una dimensione spirituale e che molteplici sono i temi che muovono l’ispirazione poetica, i quali spesso s’intrecciano e si fondono tra loro. Occorre dire che tra questi, a mio avviso, si segnala soprattutto quello intimistico, contrassegnato da una nota di sofferta malinconia, da un sentimento della vita che non è goduta come gioia, ma come sofferenza, un sentimento che potrebbe richiamare ”il mal di vivere” montaliano. Anche se qua e là affiorano squarci di luci, di immagini, che lasciano trasparire uno spiraglio di fiducia nella vita, piuttosto raramente c’è traccia di sorriso, bensì di riflessioni, di emozioni, che sono la testimonianza più chiara ed evidente del nostro agire, del nostro sentire, l’elemento – chiave per dare origine, attraverso lo strumento della parola, a suggestioni poetiche. Non c’è astrazione nell’opera della Liuzzo, ma una presenza costante della poetessa con la sua fisicità, con i suoi sfoghi, con i suoi sogni, le sue illusioni, in sostanza col suo interrogarsi su se stessa e sugli altri, col suo confessarsi. Infatti tutti gli aspetti, interni ed esterni, del proprio io e del creato, sollecitano l’ispirazione poetica dell’autrice e sono oggetto di canto, un canto ora malinconico e disincantato, ora nutrito di qualche speranza, mai, però, sentenzioso, un canto ricco di pathos e di cataplexis, che accende l’animo e non può lasciare indifferente il lettore. I suoi versi, infatti, ora esprimono in tutta la loro intensità l’essenza umana di esperienze personali vissute, tutta una vastissima gamma di sentimenti, di passioni, di abbandoni, – sono lo specchio dell’anima della poetessa -, ora si aprono all’universale, facendosi voce dell’umanità intera, una voce che si rinvigorisce nel sentimento dell’eterno e lascia intravedere spiragli di luce. In verità, la poesia, istintiva e moderna nel contenuto e nel registro linguistico, di finissima notazione psicologica, pur nascendo dall’autobiografismo, si solleva spesso ad un più alto ed universale significato, grazie alla sincerità dell’ispirazione, non disgiunta dalla scorrevolezza dello stile, il che costituisce il pregio più significativo della produzione poetica della scrittrice. Quella della Liuzzo, ”una donna che è nella storia”, come rileva Giovanna Scarsi, è una poesia di ripiegamento lirico, di intenso raccoglimento, fondata sui profondi legami col passato, sulla culla dei ricordi, sull’angoscia esistenziale, sulla solitudine umana, sulla descrizione della natura, una poesia , in cui la delicatezza spirituale, l’intensa misura dell’arte – la Liuzzo, per vocazione naturale, è portata alla poesia -, la grazia innata, hanno ispirato immagini che nella storia di un’anima hanno evidenziato l’intensità degli affetti. L a sua poesia, quindi, che non è invenzione fantastica, ma, come s’è detto, espressione della vita interiore, della realtà umana nella varietà e molteplicità dei suoi aspetti, è logico, naturale sbocco ispirativo di un’esistenza sofferta, macerata, che sa trovare, però, sull’onda di un tessuto costruttivo fatto ora di slanci appassionati, ora di visioni dolorose, ora di squarci paesaggistici, immagini vivide, toccanti, che non possono non far presa sull’animo del fruitore. Nella valutazione globale della poesia della Liuzzo non mi sono soffermato volutamente su aspetti specifici della sua opera (attualità – affetti familiari – memoria- religiosità – paesaggio), in quanto dall’insieme s’intuisce la condizione umana e spirituale della poetessa, la metafora del cuore che soffre le difficoltà del vivere, la sua ansia di amore e di conforto. Lascio, quindi, al lettore il piacere di gustare nella sua interezza il respiro poetico della Liuzzo nelle sue riflessioni e nei toni espressivi. Non posso, però, esimermi dal segnalare la profonda dottrina del prof. Vincenzo Rossi che, con maestria e con linguaggio adeguato al valore dell’opera, sottolinea nella prefazione da un lato le tematiche, con l’indicazione dei simboli, con valenza polisemica, già presenti in precedenti sillogi (ossa – erba – fuoco – terra – pietra…), dall’altro l’originalità, la varietà dello stile, impreziosito da frequenti figure retoriche, e del verso – si notano ternari, quaternari, settenari, novenari, endecasillabi -, che riflette la partecipazione emotiva della poetessa. In conclusione, questa silloge, cui fanno da cornice quelle precedenti e quelle successive, è esemplificazione di una condizione psicologica piuttosto complessa e rivela la maturità di donna e di poetessa di Maria Teresa Liuzzo.

 

 

 

 

 

 

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