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MARIA TERESA LIUZZO: “… E ADESSO PARLO”

 

 MARIA TERESA LIUZZO: “… E ADESSO PARLO”

A.G.A.R. Editrice, Reggio Calabria 2019, pp.157

Prof. Antonietta Benagiano, Scrittrice e Critico letterario

 

 

IL RISCATTO DELL’INFANZIA E DELL’ADOLESCENZA NEGATE

e nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa.

(Matteo 10, 34)

 

 

La pace di cui è apportatrice la presenza di Cristo finisce, a causa della non accettazione della sua parola, con l’essere divisione, ovvero la spada che, scrutando sentimenti e pensieri del cuore, segna la divisione dell’anima e dello spirito.

Il passo evangelico posto in esergo richiederebbe ben altra analisi, comunque, annunciando pur sempre, nella sua essenzialità, separazione di ciò che è bene da quanto costituisce il male, può essere di riferimento a fatti e situazioni del romanzo “…E adesso parlo” della già nota poetessa Maria Teresa Liuzzo, edito nel presente anno dalla A.G.A.R. Editrice di Reggio Calabria, con Prefazione di Mauro Decastelli.

La rivisitazione del sofferto percorso di vita della protagonista Mary, dall’infanzia sino agli eventi dell’età adulta, pone comecentralità del dramma la famiglia, non pascoliano “nido” ma prigione per torture fisiche e devastazioni psichiche.

Pensiamo a quel che scrivevaSimone De Beauvoir: “I complessi, le ossessioni, le nevrosi di cui soffrono gli adulti hanno la loro radice nel passato familiare”.

Oggi poi, nell’affermarsi sempre più dei disvalori, è cresciuta anche la pericolosità della vita familiare.

Ci riportiamoa bene e male,su cui si è,sin dai primi filosofi, discusso: sono le pulsioni teorizzate da Freud, idestEros e Thanatos, i due principi della vita e della morte. Il male è, secondo Hegel, un uso disordinato del libero arbitrio da parte dell’uomo “cattivo per natura”; dello stesso avviso Kant che vede il male “inclinazione naturale, innata”. Esso, sappiamo tutti, producesofferenza, lo affermano Schopenhauer, Jaspers, Heidegger e altri ancora, sino a essere il male consideratodalla Arendt“banalità” in chi acconsente al genocidio, dato che l’attore del male non ne percepisce il “valore negativo”.

Il romanzo che la Liuzzo dedica a Davide, “amatissimo figlio” e sua “ragione di vita”, annuncia già nell’aletta della copertina l’anelito alla libertà/verità, inoltre la condanna di una madre “anima di ghiaccio” che mai ha ascoltato il grido di aiuto della figlia. In copertina è preannuncio l’immagine di una bimba in abito scolastico, con grandi occhipensierosi e sulle labbra un mesto accenno di sorriso. Maximadebeturpueroreverentia, affermava Giovenale (Satire, XIV, 47), ed era Quintiliano dello stesso avviso. Nella civilissima Roma erano dal diritto di cittadinanza esclusi schiavi, bambini e donne, tutti sottomessi all’autorità totale del pater familiasche, volendo, poteva sopprimere figli illegittimi e bambine. A distanza di millenni, nel XX secolo, Mary subisce le angherie del padre padrone, di madre e familiari conniventi, e insieme la inosservanza delle istituzioni che non la salvaguardano. Orribili le vicende narrate,non da romanzo gotico, realtà ricorrente anche in questo nostro tempo in cui, trionfando come unico valoreil denaro con quanto è ad esso connesso, etica e morale sono state dismesse, pertanto quotidianamente leggiamo allucinanti fatti di cronaca con terribili abusi sui minori da parte di genitori e parenti, mostri che affermano il proprio delirium di dominio, privi del più elementare sentimento di umanità. Ma non è sulla storia costellata di sofferenze fisiche e psichiche che vogliamo soffermarci, piuttosto su come il soggetto Mary riesca a sopravvivere a sofferenze fisiche e psichiche di tale entità da portarla a tentativi di suicidio quando neppure la fede nel Cristo che porta al collo e la capacità di vivere una vita alternativa nella dimensione immaginifica le sono di soccorso. Infanzia e adolescenza negate, ingratitudine sempre, anche da parte di colei che ella ha generato e cercato di preservare dal male. Mary ha, però, la forza della fede che è libertà interiore, ha Raf, presenza/assenza consolatrice e vivificatrice, e vive in lei il dono di una scrittura lirica fluente di metafore che con naturalezza le sgorgano: sono terapia per il fisico martoriato e la psiche in frantumi, ed è salvezza l’attimo scorrente come realtà anelata mentre il lungo tempo sofferente la segna. L’attimo, pausa di respiro che Mary non si lascia venir meno, è Raf che dinanzi alla distesa marina le sussurra: “Lascia che sia io la fertile zolla, il mare tuo stasera, il cielo stellato che ti abbraccia…Lascia che sia ancora io il rosso tramonto tra fenicotteri rosa, il tepore del fuoco… Lasciami qui come sigillo sul tuo cuore… Lascia che i nostri baci e i nostri corpi dipingano l’infinito del nostro sogno d’amore, quando la notte ci assorbe e il silenzio racconta”. E Mary: “Il mio spazio è nella tua luce, nel nostro respiro d’amore, in questo vento impetuoso che ci avvolge, in ogni ombra che si spezza e si trascina. Siamo coro per le onde che danzano col vento, dove sole e mare si specchiano, muoiono e rinascono onde ignorando di essere mare stesso”.

Nel romanzo “…E adesso parlo” di Maria Teresa Liuzzo l’infanzia e l’adolescenza negate da disamore e malvagità di genitori e familiari in toto, le traversie e gl’inganni subiti nell’età adulta vengono riscattati dalla fede in Dio e da quella sorprendente attività della mente che i Greci denominavano eikasia.

 

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