IL LIRISMO TRAGICO NELLA POESIA DI MARIA TERESA LIUZZO
MARIA TERESA LIUZZO
AUTOPSIA D’IMMAGINE – A.G.A.R. Ed.- Reggio Calabria 2002 pag. 224
di Maria Cianflone – (Critico letterario)
Il curriculum di tutto rispetto di Maria Teresa Liuzzo e il notevole numero di eminenti critici che di lei si sono interessati mi fanno accostare alla sua opera con un certo qual reverenziale timore, ma ho voluto avvicinarmici lo stesso con animo sgombro da pregiudizi e il cuore di chi ama – e qualche volta scrive – poesia. Ho conosciuto la poetessa solo nelle sue due ultime raccolte (su otto) ed è dell’ultima ”Autopsia d’immagine” che io voglio parlare. La sua non è una poesia ”facile”: è un delirio di immagini, di riflessioni, di allegorie, di contrasti, di ossimori, di emozioni, di accostamenti inusuali… Parole in libertà, dunque, ma legate tutte da un filo segreto che le rende un ”unicum”, originale ed omogeneo, nel quale il protagonista è l’ ‘io’, un io cosmico e multiforme che si identifica nei fenomeni e negli elementi della natura: ella è, di volta in volta, (cito a caso), terra, vento, tempesta, vela, argilla, acqua. Il sostrato profondo è il dolore, un dolore immanente ed universale che produce sangue e ferite, angoscia e tempeste, morte. Termini ricorrenti, ma di cui la poetessa sembra compiacersi: c’è in lei una voluttà quasi del dolore: ”Parlami della morte / prezzo della vita”, t’accarezzo polvere, / quando d’intorno alle cose…”, labbra di nubi / dischiudono ferite”. Lei sente che questo dolore senza tregua le dà grandezza e luce; soffre e lo sa, si osserva e si analizza, come un attore che recita davanti allo specchio: sa di recitare, mantiene la sua lucidità, ma al contempo si identifica con il personaggio, è il personaggio: ”Ed eccoci, / ospiti graditi sulla scena, / tatuaggi di colori / … ci travolge la rapida del tempo: / recitiamo brandelli d’acqua.” Ci sono versi suggestivi ed immagini spettacolari: è come se lei vivesse in una continua ispirazione poetica e il quotidiano tutto si trasfigurasse e si annullasse in una dimensione onirica e metafisica; versi luminosi e dolci che contrastano con il dolore che nascondono, con la riflessione profonda – palese o celata – che sottendono: ”Ho negli occhi una tempesta di stelle”, ”Brillano a riva / spade d’acqua”, ”Colmo è il mare di luce / che non vivo”.
Ma c’è, anche un che di foscoliano in versi come questi: ”gli avvoltoi / nidificano nelle orbite”, ”e giungono corvi al richiamo / sulle ferite”, ”anche noi saremo polvere / a incipriare / le ossa della notte”. La notte, l’ombra, l’oscurità: ecco altri lessemi ricorrenti con cui convive, ma che la soffocano. Ed è una lotta continua quella che lei combatte, anche se forse è rassegnata a non vincere: ”Parlate di primavere / a me che sono cieca. / La bestia sento che rantola / sotto tentacoli di sole”, ”siamo canne vestite di tormento”. Non esiste una vera pace ed ogni situazione di quiete è funestata dalla coscienza della morte, cela ”una realtà feroce e vera”: ”la quiete apparente dell’azzurro / deturpata di massacri di volo”, ”tessuto siamo dell’ombra, vittima del suo prezzo”, ”sangue che tace è il silenzio”, ”anche il sonno è ghiaccio tra i binari della morte” e si potrebbe continuare all’infinito. C’è, nella sua poesia, un lirismo tragico che si evidenzia sin dal titolo, i cui termini – in antitesi – rivelano sia la liricità ( ”immagine”, cioè visione, sogno, poesia ) che la tragicità ( ”autopsia”, ossia dolore, male, ferite, morte ). Una drammaticità che ella vive con la passione e la dignità dei tragici greci e che riesce a trasformare in liriche di grande impatto emotivo. Non per niente la poetessa reggina ( o poetessa Regina?) è figlia di quella Magna Grecia che diede i natali a Nosside. Ella sa che la lotta è impari e il suo carattere orgoglioso e ribelle la fa soffrire ancora di più: ”Non è facile / essere creta che ciascuno / stempera e modella”. Ma la notte, il buio, il silenzio sono anche la dimensione in cui ella trova appagamento e speranza; ”La notte ha la sapienza del chirurgo / nel ricomporre la coscienza”, ‘attendo / oltre lune di pietra / la notte che scioglie le ansie”, ”M’invade / la tua notte: sono / marea in attesa / del plenilunio”. Ed è in questa sensazione dolcissima che, nonostante il dolore, ritrova la forza per andare avanti e vivere con pienezza la sua vita.